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Sardegna gioielli sardi tradizionali

Sardegna, la tradizione orafa è millenaria

I meravigliosi gioielli sardi tra artigianato, folklore e territorio

Gioielli sardi
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Gioielli sardi
Isolata, ma in contatto con tutti i popoli del Mediterraneo: la particolare condizione geografica della Sardegna ha permesso ai suoi abitanti di sviluppare usi e costumi unici al mondo. Tra le peculiarità dell’artigianato si ritagliano un posto speciale i gioielli, capolavori di oreficeria fortemente legati al folklore e alle tradizioni del territorio. Il gioiello sardo porta infatti con sé un’eredità millenaria, e racchiude l’identità di un popolo il cui folklore è fortemente legato al simbolismo, alla magia, alla religione.

Cosa sono i gioielli sardi

È la tecnica della filigrana a caratterizzare la gioielleria sarda, in particolare applicata alla lavorazione dell’argento, metallo che abbondava nelle miniere dell’iglesiente. In epoca antica anche l’oro era reperibile localmente, specialmente a Montevecchio, vicino a Guspini. Ai metalli si univa (e si unisce ancora oggi) spesso l’uso del corallo e dell’ossidiana, pietra nera che abbonda sull’isola, specialmente tra i monti del Campidano. Dal punto di vista della forma, il gioiello sardo ha una forte connotazione simbolica: spesso è un vero e proprio amuleto, e si sposa con il particolarissimo costume tipico sardo, anch’esso evoluto nei secoli ma rimasto fortemente identitario.


Costume tipico sardo con gioielli

La gioielleria sarda si compone di una grande varietà di manufatti. Non troviamo solo i classici orecchini, anelli, bracciali, collane, ciondoli. Abbondando anche le spille, i bottoni, tutti gli accessori per l’abbigliamento come catene, gemelli, pendenti, punteruoli, rosari e persino stuzzicadenti (spuligadentes) – amuleti spesso presenti nel vestiario tipico. Altro elemento peculiare è la gancera, una catenina utilizzata per chiudere indumenti sia maschili che femminili (grembiuli, copricapo, corpetti, fazzoletti). Elementi zoomorfi, vegetali, granulazioni, cammei, coralli: il gioiello sardo si caratterizza per superfici varie, multiformi, alternanza di lavorazioni (a nido d'ape, a corbula). Splendidi esempi di quella che è un’arte assolutamente peculiare, che un occhio attento identifica immediatamente con la tradizione della Sardegna.

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Tra storia e territorio

Le scoperte archeologiche ci parlano di una cultura sarda del monile decorativo sin dal neolitico, epoca in cui era probabilmente impiegato come amuleto e come oggetto che permetteva di distinguere precisi ruoli sociali. Anche durante l’età nuragica gli ornamenti non mancavano, e proprio allora, grazie alla tecnica che permetteva di lavorare i metalli, i gioielli cominciarono a farsi più raffinati ed elaborati. Nei secoli i contatti con altri popoli – romani, cartaginesi, fenici - influenzarono non solo l’estetica, ma anche il simbolismo legato a certi monili. Ebbe poi un forte impatto il cristianesimo, che intensificò la produzione di oggetti ornamentali e di culto. Forte fu anche l’influenza aragonese, già di per sé contaminata dalla tradizione araba. Insomma, la Sardegna, al centro del Mediterraneo, consolidò una propria tradizione autoctona anche grazie ai contatti con altre culture.


Orecchini a corbula

L’abbondanza di coralli sulla costa occidentale dell’isola arricchì il costume decorativo (non a caso, ad Alghero si trova il Museo del Corallo, scopritelo qui), mentre l’ossidiana diede un ulteriore impulso alla moda e alla tradizione locali anche grazie al suo legame con il folklore: si ritiene infatti che scacci il malocchio. Ma la zona dove tradizionalmente si concentra la produzione orafa è quella sud-occidentale, tra il cagliaritano e l’oristanese, perché qui si trovavano i metalli da lavorare. Come è facile presumere, la presenza di miniere nel campidano e nell’iglesiente fu un importante stimolo alla lavorazione dei metalli.

La maggior parte delle miniere oggi non sono più in funzione, ma la zona offre la possibilità di scoprire una Sardegna ‘alternativa’ davvero particolare, a base di archeologia industriale, estremamente affascinante. Nell’area di Arbus si trovano infatti diversi villaggi minerari abbandonati, borghi abitati da poche anime racchiusi nel Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna: si tratta di 8 località tra cui Ingortosu e Montevecchio, che testimoniano un momento storico in cui l’isola era una sorta di El Dorado: se volete saperne di più sulla Sardegna mineraria leggete qui.

Muovendosi invece verso nord, nel sassarese, un’iniziativa ha reso un ex villaggio minerario un museo a cielo aperto: è il borgo dell’Argentiera, di cui vi abbiamo parlato qui.


Miniere abbandonate di Montevecchio

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Se vi interessa approfondire il tema dell'oreficeria in Sardegna a Milis, nel campidano, si trova il Museo del gioiello e del costume sardo, ospitato all’interno di Palazzo Boyl. Anche il Museo della vita e delle tradizioni popolari di Nuoro ospita una sezione dedicata al gioiello sardo, così come il Museo nazionale di Sassari e la Pinacoteca Nazionale di Cagliari.

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Fede sarda con lavorazione a nido d'ape
Orecchini a corbula con corallo
Spilla a forma di bottone con pietra
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