C’è un portone speciale al civico 30 di Via Gregoriana di Roma, quasi al centro tra la stessa e la famosa Via Sistina, ed è l’entrata di Palazzetto Zuccari, costruito su un’idea dell’architetto Federico Zuccari nel 1592 ma poi successivamente trasformato nel Sei, Sette e Novecento. Dell’edificio originale, comunque, conserva la sua caratteristica principale, ovvero quella di permettere l’ingresso al suo interno solo tramite le fauci spalancate di un grande mostro. Lo Zuccari infatti, nel realizzarlo come sua dimora personale, si ispirò ad un luogo che lo aveva particolarmente affascinato, ovvero il Bosco Sacro di Bomarzo alle porte di Viterbo, celebre per le sue sculture enigmatiche e surreali. Ecco, dunque, che le cornici del portone e delle finestre appaiono con le sembianze di figure mostruose che sembrano quasi inghiottire chiunque oltrepassi gli antri.
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Federico Zuccari, che aveva già lavorato a Firenze agli affreschi nella cupola di Santa Maria del Fiore, era discretamente famoso e decise quindi di crearsi una dimora che evidenziasse il suo estro e la sua creatività. L’architettura manierista caratterizza lo stile fantasioso esaltato dal portone con il mascherone dalla gigantesca bocca aperta, con il naso a far da chiave di volta, le guance da cornice al timpano e gli occhi con le sopracciglia da timpano. Proprio per queste strane decorazioni che inquadrano porte e finestre l’edificio venne denominato la "Casa dei Mostri”. I tre mascheroni affacciati su via Gregoriana formano una delle maggiori attrattive del Palazzo, destinati, come voleva lo stesso ideatore, a sbalordire e allo stesso tempo spaventare il visitatore, che avrebbe esitato dapprima a oltrepassare la soglia, ma sarebbe stato poi tanto più colpito, per contrasto, dai sontuosi affreschi interni e dal paradisiaco giardino. Lo Zuccari affrescò infatti molte stanze, e vi si possono ammirare "Ercole al bivio tra il vizio e al virtù", la "Gloria dell'artista nella sala", la "Coppia Zuccari benedetta dall'Angelo Custode" nella Sala degli Sposi ed allegorie dell'arte e delle scienze nella Sala del Disegno.
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Alla sua morte nel 1609 avrebbe voluto che la casa diventasse una residenza per artisti, ma gli eredi la vendettero, al contrario, ad un certo Toscanella, che la fece ingrandire e sopraelevare di due piani. Nel 1702 il palazzo venne affittato da Maria Casimira, regina di Polonia, che lo trasformò ulteriormente cosi come i proprietari successivi che ne esaltarono comunque l’eredità culturale facendolo frequentare da svariati artisti. Non è un caso che, nel 1905, anche Gabriele D’Annunzio non rimase insensibile al fascino di Palazzetto Zuccari, tanto da immortalarlo nel romanzo Il Piacere.