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Pavia, cosa sapere sulla statua della lavandaia

Uno dei simboli cittadini offre uno spaccato di una realtà d'altri tempi

Statua Pavia
©Pavia al centro
Statua della Lavandaia di Pavia
Quando si visita Pavia lo si fa principalmente evocando Ugo Foscolo o Alessandro Volta, Albert Einstein o Federico Barbarossa, personaggi legati in qualche modo alla città lombarda. Ricca di chiese, loggiati e cortili, con una delle università più antiche d’Italia, offre diverse attrazioni più o meno note. Il visitatore curioso può trovarsi a passeggiare per il Borgo Ticino, sulla sponda sinistra del fiume, luogo che ancora mantiene intatta la sua originaria atmosfera intrisa di storia, leggenda, vita quotidiana e lavoro. Qui le case colorate erano un tempo abitate soprattutto da chi viveva a pieno il fiume, ovvero barcaioli e lavandaie.

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Ed è qui che si può ammirare infatti la Statua della Lavandaia, un’opera in bronzo dello scultore Giovanni Scapolla realizzata nel 1981, che si trova lungo la caratteristica Via Milazzo. E’ stata qui posta proprio in ricordo delle tante donne che si recavano lungo le rive del fiume per lavare i panni. Su una delle lastre di marmo del basamento della statua è incisa una poesia in dialetto pavese del poeta Dario Morani. Era un lavoro mal retribuito, duro e faticoso, tanto che d’inverno venivano accesi fuochi per scaldarsi che venivano chiamati “fughon”. Ed è rimasto in voga fino agli Anni Settanta del secolo scorso. Attorno alla figura della lavandaia ruotano diverse curiosità, specie se si pensa che lo scultore stesso, nel realizzare la statua, prese ispirazione da sua madre, nota lavandaia chiamata ‘“Sciura Teresina”, rappresentata con la classica caplina in testa, il tipico cappello leggero di paglia. Molte di queste donne sono passate alla storia per le caratteristiche che le distinguevano dalle altre, come la famosa Angiuleta, la Marieta dai piedi storti o la Gianina dal grande di dietro.

Le lavandaie lavoravano tutto il giorno sulla riva e di notte i panni venivano lasciati ammollo in grandi recipienti di cemento per poi essere portati in riva al fiume e sciacquati. A raccogliere i panni puliti e a consegnarli a tutta la città erano gli uomini e i bambini. Come le mondine nelle risaie, anche le lavandaie passavano il tempo cantando, per lo più arie operistiche come La donna è mobile del Rigoletto di Verdi. Nel 2016 la Statua della Lavandaia ha compiuto 35 anni ed è stata celebrata dal comitato del Borgo Ticino con una grande festa alla quale hanno partecipato anche due anziane lavandaie a testimonianza di una dura realtà del pavese.
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