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Castel Capuano Napoli Giuditta Guastamacchia fantasma

Castel Capuano e il fantasma di Giuditta Guastamacchia 

Storie di cronaca nera ottocentesca nella seconda fortezza più antica di Napoli

Tribunale Napoli
Di Baku - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8331014
Castel Capuano
E’ sobrio, austero, massiccio. La sua originale funzione di fortificazione è stata oggetto di restyling nei secoli, per adattarlo al comfort (e ai vezzi) di una dimora reale. Ma Castel Capuano ha sempre conservato una certa misura architettonica, che ben si addice al ruolo di cui fu investito a partire dalla metà del ‘500: un tribunale. Il secondo castello più antico di Napoli (dopo Castel dell’Ovo) apre proprio la famosa Via dei Tribunali, ed è di origine normanna, risalente al XII secolo. La fortificazione, costruita a sua volta su un’area che all’epoca dei romani era un Gymnasium, divenuto poi un cimitero, è stata dimora reale per quasi 4 secoli. 

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Trasformato dal 1500 in palazzo di giustizia, e come tale fece da cornice a diversi processi ed avvenimenti legati alla cronaca nera napoletana. Uno in particolare lasciò il segno, tanto da essere ricordato ancora oggi. Per l’efferatezza del crimine commesso, per la pena inflitta al colpevole, e perché un fantasma ancora si aggira per i corridoi del castello, a distanza di oltre 200 anni dall’esecuzione. Si tratta di Giuditta Guastamacchia, donna che si macchiò di un feroce delitto, assieme a diversi complici. 

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Il primo marito di Giuditta Guastamacchia era stato condannato per frode al Regno, e lei si era ritrovata sola con un figlio da crescere. Prese i voti (o, come succedeva spesso all’epoca, la obbligarono) e si ritirò nel convento di Sant’Antonio alla Vicaria, dal quale uscì nel 1794. Ella non era tuttavia ‘sola’: aveva da anni una relazione con un prelato, Don Stefano d’Aniello, che continuò più impetuosa che mai anche dopo la sua uscita dal convento. Gli amanti decisero quindi di far prendere nuovamente marito alla donna per mettere a tacere i sospetti, e come 'compagno' di facciata scelsero un giovanissimo nipote del prete. Al quale non ci volle molto per capire la tresca. Minacciò di rivelarla, e fuggì, ma venne convinto a ritornare a Napoli dalla moglie che nel frattempo aveva ordito una congiura

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Aiutata dal padre (al quale aveva detto di essere maltrattata dal giovane marito), e da due suoi amici, con il favore del prete, commisero l’omicidio. Particolare truculento, è che per disfarsi del cadavere lo smembrarono. Ma gli assassini vennero scoperti e arrestati proprio mentre si aggiravano per la città con le parti del corpo del giovane. Il fatto ebbe enorme clamore, e al processo i congiurati furono condannati alla forca (il prete ‘solo’ all’ergastolo in quanto non esecutore materiale). Giuditta Guastamacchia, ritenuta la mente del diabolico piano, venne impiccata e successivamente decapitata. La sua testa, assieme alle sue mani, furono esposte su un’inferriata, e, successivamente, utilizzate per studi di fisiognomica criminale. Ancora oggi, nel giorno della ricorrenza dell’esecuzione, il 19 aprile, il ‘fantasma degli avvocati’, ovvero quello di Giuditta Guastamacchia, si aggira per Castel Capuano. Mentre il suo teschio è conservato ed esposto presso il Museo di Anatomia di Napoli.
 
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