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La Chicago di Captive State, in mano agli alieni

Il nuovo film del regista de L'alba del pianeta delle scimmie ci racconta un pianeta colonizzato.

Adler
Come sarà il mondo che verrà? Il cinema e la letteratura se lo chiedono da sempre. E spesso mostrandocelo dall'altro lato dell'Oceano. D'altronde spesso il cosiddetto futuro sembra arrivare prima negli Stati Uniti che da noi… Questo è quel succede nel Captive State di Rupert Wyatt (già regista de L'alba del pianeta delle scimmie), che sceglie la città di Chicago per raccontarci una invasione aliena realizzata e i cambiamenti che potrebbero attenderci. La metropoli dell'Illinois è uno dei più grandi centri industriali e finanziari del mondo, e per questo un esempio perfetto da utilizzare. Soprattutto dopo averla vista protagonista dell'Heist Movie al femminile di Steve McQueen.



Quella che vediamo nel prologo è una Chicago molto comune, quotidiana, seppur alle prese con una emergenza inattesa che sembra non poter essere affrontata con gli strumenti consueti: un'invasione extra terreste. Ma quella nella quale vediamo incrociarsi le vicende dei personaggi interpretati da John Goodman, Vera Farmiga, Ashton Sanders e Jonathan Majors è invece una metropoli governata dagli alieni… Come l'intero Pianeta. Dopo dieci anni - siamo nel 2025 - i terrestri sono divisi in due fazioni, tra coloro che accettano il nuovo governo e coloro che invece si oppongono dando vita alla Ribellione.

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Non deve esser stato facile trasformare Chicago in una città del genere approfittando solamente delle location reali scelte dal regista, ma Wyatt era già stato da quelle parti. In occasione delle riprese del pilot della serie Fox The Exorcist, guarda caso proprio nella zona di Pilsen, dove si sviluppa la storia. Una esperienza che inoltre gli ha permesso di poter offrire alla produzione alcuni luoghi nascosti e sconosciuti della città dove nessun altro filmmaker aveva mai girato prima, che gli hanno permesso di dare al suo film un aspetto il più possibile soprannaturale.



“Abbiamo girato in location davvero fantastiche - ha confessato Ashton Sanders. - Non le avrei mai viste se non fosse stato per questo film. La location attorno al lago era davvero splendida. Non so come abbiano fatto a trovare questi posti a Chicago, ma sono davvero perfetti. Come tutto il resto". Gli esempi sono molti: dalla stazione Washington della Red Line (che passa sotto State Street), mai atttivata e scovata grazie alla Chicago Transit Authority, all'acciaieria abbandonata sulla riva del Lago Michigan, a circa 20 chilometri a sud del centro, non lontano dal confine con l’Indiana.

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Non lontano anche dal parcheggio accanto al Soldier Field dei Chicago Bears, dove è stato girato il combattimento tra Rafe e uno dei Legislatori alieni, o dal McCormick Place, il più grande centro congressi del Nord America (grande come due stadi di calcio, dove Wyatt & Co. si sono accampati per tre notti di riprese) che ha ospitato il deposito degli autobus e "la struttura a forma di ascensore che porta uno dei protagonisti sottoterra" - come la definisce il location manager Stefan Nikolov - trasportata lì dopo esser stata costruita nel teatro di posa CineSpace, il più importante di Chicago.



Per un paio di giorni ci si è spostati nel quartiere di Edgewater, ma per il resto gli altri set sono stati quelli nel Campus dell’Università di Illinois, a est di Pilsen, o del Damen Silos nei pressi del Chicago River (visto anche in Transformers: L’Era dell’Estinzione), alto 15 piani e ormai in disuso, dove per girare la scena della pianificazione della fuga dalla città gli scenografi hanno dovuto aggiungere dei graffiti sulle pareti… "C’erano topi ovunque. Ci vive una comunità di senzatetto, - ricorda Nikolov, che rivela come - molti dei graffiti che si vedono nel film li abbiamo aggiunti noi perché anche per dei semplici graffiti si deve chiedere l’autorizzazione dell’artista. Appartengono a chi li ha realizzati. Sono comunque una forma d’arte, perciò ogni volta che si gira in un posto bisogna assicurarsi di coprire eventuali graffiti".

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Ma più che tutti questi - o la Chiesa abbandonata di San Bonifacio nel quartiere di Noble Square e il deposito di container a sud della città - il cardine di tutto è nel già citato Pilsen, cuore a maggioranza messicana della parte più operaia della città. "Come molti altri quartieri, Pilsen sta attraversando una fase di gentrificazione, - racconta Wyatt. - Ma nella nostra storia doveva essere un vecchio mondo, un luogo quasi Dickensiano inserito in un contesto fantascientifico". "Pilsen era perfetta per la nostra storia perché è piena di dettagli, è ricca di storia e anche un po' trasandata, - spiegava lo scenografo Keith Cunningham. - C'è una fitta rete di stradine e d’ingressi sul retro degli edifici. E siccome la popolazione nel film è tenuta sotto stretta sorveglianza, molti dei personaggi attraversano spesso di corsa vicoli e viuzze cercando di passare inosservati".
 
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