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Orvieto, maioliche antiche dal sottosuolo cittadino

La magnifica città umbra vanta un'antica tradizione ceramica testimoniata dai rinvenimenti all'interno del Pozzo della Cava

Veduta di Orvieto
©iStockphoto
Orvieto, veduta panoramica
Orvieto è una delle città più antiche d'Italia. Le sue origini affondano le proprie radici all'epoca della civiltà etrusca che ha lasciato ai posteri numerose testimonianze preziose disseminate sul territorio. Il Pozzo della Cava è una di queste. Questa antica struttura è certamente uno degli esempi più interessanti del sorprendente "mondo sotterraneo" che si cela nel sottosuolo della città. Sebbene nel corso dei secoli la sua struttura sia stata notevolmente trasformata, sin quasi a cancellare alcuni degli ambienti di epoca più antica e a stravolgerne funzioni ed utilizzo, le origini del complesso ipogeo risalgono proprio ad epoca etrusca ed oggi è possibile visitarlo e ripercorrerne la lunga storia sino al Rinascimento (che ne ha stravolto i connotati) e ai giorni nostri, quando è stato riportato alla luce e riaperto al pubblico.



Fu durante il XVI secolo che papa Clemente VII, committente dell'ancor più noto Pozzo di San Patrizio, diede disposizione di trasformare anche questa struttura di origine etrusca in un impianto per la captazione delle acque dalla sorgente. Nel corso dei secoli precedenti, però, questo complesso ipogeo aveva assolto differenti funzioni testimoniate dai reperti custoditi nei numerosi ambienti sotterranei che si susseguono nel sottosuolo del quartiere della Cava. Chi si troverà a visitare questo sito affascinante scoprirà al suo interno un susseguirsi di grotte ricche di elementi che hanno permesso di ricostruirne l'utilizzo e che spaziano da strutture di epoca etrusca, come antiche cisterne per la raccolta dell'acqua piovana e sepolture, sino ad ambienti di epoca medievale come le cantine per la conservazione del vino, i pozzi per la raccolta delle ossa e dei rifiuti, i resti di una torre ghibellina e di macchinari per la lavorazione dei tessuti e fornaci per la cottura di manufatti in ceramica, tra cui la base di una "muffola", vale a dire un piccolo forno impiegato per la terza cottura dei "lustri" di epoca rinascimentale.

Questo antico pozzo e l'intricato complesso di grotte che si snoda attorno ad esso, non si rivela, dunque, soltanto una importante testimonianza archeologica della storia della città, ma rappresenta la prova tangibile della lunga tradizione cittadina legata alla produzione di ceramiche di pregio. Il rinvenimento dei resti di ben due fornaci, dei manufatti gettati via per difetti di fabbrica, di un laboratorio per la lavorazione della maiolica, e, soprattutto, della "muffola" hanno fornito riscontro alle teorie in base alle quali Orvieto fosse uno dei centri italiani specializzati nella produzione di ceramiche "a riverbero", una tecnica che donava ai manufatti delle iridescenze dei colori dell'oro e del rosso rubino che richiamavano le sfumature dei metalli e delle pietre preziose. La piccola fornace utilizzata per la cottura successiva alle prime due, dimostra che la città era uno dei pochissimi centri italiani che si dedicava alla produzione di ceramiche "a terzo fuoco", una tecnica che prevede una terza cottura per l'applicazione delle decorazioni che segue la "biscottatura" (la prima cottura del supporto), e la "smaltatura" (la cottura degli smalti).



Fu in epoca medievale che la maiolica arcaica orvietana raggiunse il suo massimo prestigio. Durante il periodo di maggior fortuna, quello a cavallo tra il XIII e il XIV secolo, le creazioni degli artigiani locali sfoggiavano magnifici colori tendenti al bruno e al verde su smalto bianco e ricche decorazioni con sfondo a retina su cui campeggiavano uccelli, pesci, animali, figure umane e creature dalle teste antropomorfe. Nel corso del secolo successivo, i "vascellari" (i maestri artigiani) introdussero nuovi colori, come il giallo e il blu cobalto, e nuove tecniche di decorazione quali la ingobbiatura graffita, verde a rilievo, detta "zaffera".

Chi si trova ad ammirare l'imponente facciata del magnifico Duomo medievale che si erge sulla cima della rupe tufacea su cui è adagiata la città, non fatica di certo a scorgere le splendide decorazioni a mosaico che si alternano a pregevoli elementi scultorei. Ogni tessera applicata era di produzione locale ed il loro impiego in un tale capolavoro architettonico diede origine alla definizione di "stile orvietano" con la quale venivano classificate le maioliche prodotte con quella tecnica.



Il rinvenimento, in epoca moderna, dei manufatti in ceramica nei "butti" delle cucine, dei palazzi e delle case orvietane, favorirono la riscoperta ed il rilancio della maiolica arcaica, alla quale si sono ispirati gli artigiani per la realizzazione delle loro creazioni che si propongono, dunque, come delle rielaborazioni di forme e decorazioni antiche. Da questa rivisitazione in chiave moderna delle produzioni di un tempo, nasce anche, nel periodo tra le due guerre, la tipica brocca con il largo beccuccio sporgente (galletto).

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