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Cimitero acattolico Testaccio Roma

Roma insolita: cosa nasconde il cimitero acattolico

Statue, sculture, poesie e curiosità: il cimitero degli artisti di Testaccio

Angelo del Dolore
istockphotos
Tomba di Emelyn Story
Solitamente i cimiteri sono associati ad un’atmosfera lugubre, triste, permeati da una solennità che mette i brividi. Non è questo il caso del il Cimitero acattolico di Roma che, al contrario, è uno dei luoghi più piacevoli, curiosi e persino romantici dove fare una passeggiata al di fuori dei circuiti tradizionali della Città Eterna. Noto anche come Cimitero degli artisti o Cimitero degli inglesi, si trova nel quartiere di Testaccio, alle spalle della Piramide Cestia, ed ospita, come lasciano intendere i suoi nomi, defunti di fede non cattolica, spesso inglesi e tedeschi, che dal Settecento in avanti hanno trovato qui il luogo di sepoltura.



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E tra i tedeschi e gli inglesi più assidui frequentatori della capitale tra il Settecento e l’Ottocento c’erano moltissimi artisti, scrittori, poeti. Basti pensare che tra le tombe più famose del cimitero acattolico si trovano quelle dei poeti Percy Shelley e John Keats; altro celebre defunto che qui giace è Antonio Gramsci; o ancora lo scultore William Wetmore Story – la tomba della moglie Emelyn è una delle più note del cimitero, rappresentante un Angelo del Dolore inginocchiato dinanzi alla lapide e stretto in un pianto di dolore. Il cimitero di Testaccio si caratterizza infatti per le meravigliose opere che lo rendono un museo all’aria aperta, tra angeli, bassorilievi, incisioni poetiche e sculture che adornano le lapidi in modo poetico e romantico. 



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Una sorta di Perè-Lachaise all’italiana, nato perché lo Stato Pontificio imponeva il divieto di seppellire in terra consacrata gli ‘infedeli’ (qui principalmente protestanti, ma i cimiteri non consacrati erano utilizzati per inumare anche ebrei, ortodossi, suicidi e prostitute). Un tempo le cerimonie funerarie si tenevano di notte, per evitare manifestazioni di fanatismo religioso, anche perché l’area non era delimitata da mura di cinta – e così rimase fino all’Ottocento - e le incursioni vandaliche non erano rare. Ai tempi dei viaggi in Italia degli scrittori e poeti romantici il cimitero acattolico di Roma costituiva una tappa di una sorta di pellegrinaggio letterario: lo visitarono Goethe (che qui fece seppellire il figlio), Melville, Shelley che in vita espresse una riflessione su come ci si potesse “innamorare della morte al pensiero di essere sepolti in un luogo così delizioso”. Henry James lo definì “Una mescolanza di lacrime e sorrisi, di pietre e di fiori, di cipressi in lutto e di cielo luminoso, che ci dà l'impressione di volgere uno sguardo alla morte dal lato più felice della tomba”.
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