Originale, leggero, coraggioso… sono solo alcuni degli aggettivi che si è guadagnati il film d'esordio di Andrea Magnani, Easy – Un viaggio facile facile, che la Tucker Film ha distribuito nelle sale italiane a partire dal 31 agosto. Un Road Movie che ci porta però lontano dall'Italia, in un panorama da "western surreale" che avrebbe dovuto essere ambientato nei Balcani e ha finito invece per scegliere i Carpazi.
Quelli dove arriva Isidoro, detto appunto Easy: 35 anni, molti chili di troppo e una bella depressione. Questi vive con la madre (Barbara Bouchet) e passa il tempo davanti alla Playstation. Giornate lente, immobili, spese ingozzandosi di psicofarmaci e meditando il suicidio. Finché qualcosa cambia: il fratello (Libero De Rienzo) gli chiede di riportare a casa lo sfortunato operaio Taras, morto per un incidente sul lavoro, trasportando la sua bara fino in Ucraina. Niente di complicato, sulla carta, ma Isidoro è Isidoro e un lungo viaggio attraverso i Carpazi può rivelarsi davvero insidioso. Soprattutto alla guida di un carro funebre!
L'esperienza raccolta come sceneggiatore per il grande e piccolo schermo (L’ispettore Coliandro) e regista di documentari e cortometraggi (Basta guardarmi, selezionato al Giffoni e a Montréal) ha permesso al quarantacinquenne Magnani di tirare fuori un piccolo gioiello da questa storia e di spostare la sua location chiave dalla parte serba della Bosnia all'Ucraina scelta anche dal Ogni cosa è illuminata di Liev Schreiber. A fargli cambiare idea, l’incontro con i due produttori Yulia Cerniavska e Oleg Scerbyna avvenuto sull'isola greca di Nisyros, durante un workshop organizzato dal Mediterranean Film Institute. "Ci siamo piaciuti da subito - racconta Magnani. - Dopo un anno e mezzo ci siamo rivisti in un festival e Oleg e Yulia mi hanno proposto di fare un viaggio in Ucraina, per capire se la mia storia poteva essere adattata a quella realtà". "Abbiamo viaggiato per mila chilometri, - continua parlando del viaggio in macchina con Oleg Scerbyna, - mi ha fatto vedere Kyiv, Uzhgorod, Leopoli, i Carpazi, la Transcarpatia. Il suo scopo era proprio di rassicurarmi, di farmi vedere il Paese e convincermi che poteva essere quello che cercavo per il film".
E così è stato. Nonostante le stesse note di produzione presentino l’Ucraina e i Carpazi come "Luoghi spigolosi, decisamente lontani dalla nostra consuetudine e dai nostri agi turistici". Certo, le riprese non sono state sempre facili, come raccontava al Corriere dello Sport il protagonista Nicola Nocella (Nastro d’Argento per Il figlio più piccolo), costretto a gettarsi dal quarto piano o a restare "immerso per tre ore in un fiume ghiacciato e in equilibrio su un ponte molto traballante". Senza trascurare il rischio dato dall'inizio della guerra, che ha rimandato la produzione di qualche mese dopo sette anni di fatiche.
Ma tanti sacrifici - anche di Loden (comprati in quantità in un negozio di Roma e consumati, scena dopo scena, fino all'ultimo, utilizzato per la scena iniziale sul ponte di Grado e conservato "immacolato") - son valsi la pena, visto che già il film si è conquistato il titolo di 'film-rivelazione' dello scorso Festival di Locarno. Come è valsa la pena - nell'ormai 'lontano' maggio del 2016 - spostarsi da Trieste (patria d'adozione del regista riminese), Gorizia, Grado e Lignano a Kiev e i Carpazi, non fosse altro che per scaldarsi con la locale Samohonka, la vodka definita "fuoco liquido" che ha "salvato" Nicola & Co. dal gelo.
Quelli dove arriva Isidoro, detto appunto Easy: 35 anni, molti chili di troppo e una bella depressione. Questi vive con la madre (Barbara Bouchet) e passa il tempo davanti alla Playstation. Giornate lente, immobili, spese ingozzandosi di psicofarmaci e meditando il suicidio. Finché qualcosa cambia: il fratello (Libero De Rienzo) gli chiede di riportare a casa lo sfortunato operaio Taras, morto per un incidente sul lavoro, trasportando la sua bara fino in Ucraina. Niente di complicato, sulla carta, ma Isidoro è Isidoro e un lungo viaggio attraverso i Carpazi può rivelarsi davvero insidioso. Soprattutto alla guida di un carro funebre!
L'esperienza raccolta come sceneggiatore per il grande e piccolo schermo (L’ispettore Coliandro) e regista di documentari e cortometraggi (Basta guardarmi, selezionato al Giffoni e a Montréal) ha permesso al quarantacinquenne Magnani di tirare fuori un piccolo gioiello da questa storia e di spostare la sua location chiave dalla parte serba della Bosnia all'Ucraina scelta anche dal Ogni cosa è illuminata di Liev Schreiber. A fargli cambiare idea, l’incontro con i due produttori Yulia Cerniavska e Oleg Scerbyna avvenuto sull'isola greca di Nisyros, durante un workshop organizzato dal Mediterranean Film Institute. "Ci siamo piaciuti da subito - racconta Magnani. - Dopo un anno e mezzo ci siamo rivisti in un festival e Oleg e Yulia mi hanno proposto di fare un viaggio in Ucraina, per capire se la mia storia poteva essere adattata a quella realtà". "Abbiamo viaggiato per mila chilometri, - continua parlando del viaggio in macchina con Oleg Scerbyna, - mi ha fatto vedere Kyiv, Uzhgorod, Leopoli, i Carpazi, la Transcarpatia. Il suo scopo era proprio di rassicurarmi, di farmi vedere il Paese e convincermi che poteva essere quello che cercavo per il film".
E così è stato. Nonostante le stesse note di produzione presentino l’Ucraina e i Carpazi come "Luoghi spigolosi, decisamente lontani dalla nostra consuetudine e dai nostri agi turistici". Certo, le riprese non sono state sempre facili, come raccontava al Corriere dello Sport il protagonista Nicola Nocella (Nastro d’Argento per Il figlio più piccolo), costretto a gettarsi dal quarto piano o a restare "immerso per tre ore in un fiume ghiacciato e in equilibrio su un ponte molto traballante". Senza trascurare il rischio dato dall'inizio della guerra, che ha rimandato la produzione di qualche mese dopo sette anni di fatiche.
Ma tanti sacrifici - anche di Loden (comprati in quantità in un negozio di Roma e consumati, scena dopo scena, fino all'ultimo, utilizzato per la scena iniziale sul ponte di Grado e conservato "immacolato") - son valsi la pena, visto che già il film si è conquistato il titolo di 'film-rivelazione' dello scorso Festival di Locarno. Come è valsa la pena - nell'ormai 'lontano' maggio del 2016 - spostarsi da Trieste (patria d'adozione del regista riminese), Gorizia, Grado e Lignano a Kiev e i Carpazi, non fosse altro che per scaldarsi con la locale Samohonka, la vodka definita "fuoco liquido" che ha "salvato" Nicola & Co. dal gelo.