Non è sempre facile decifrare l'opera di un regista esordiente, coglierne dei tratti caratteristici o importanti in una narrativa spesso in via di sviluppo o pronta a prendere svolte completamente diverse. Ci sono delle insidie. Oppure no, almeno quando alla volontà di raccontare una storia specifica si unisce la capacità di farlo attingendo alle proprie esperienze e al legame con la terra di origine.
E Thomas Cailley, nato a Clermont-Ferrand, ha voluto che fossero le sue Landes a emergere fortemente nel suo film d'esordio, The Fighters - Addestramento di vita (Miglior Opera Prima ai Cesar e premiato da CICAE, FIPRESCI e SACD alla scorsa Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes), più degli stessi protagonisti, a tratti.
Una regione periferica nel sudovest della Francia, in piena Gironda - dove si sono svolte le riprese, tra i Pirenei e l'Oceano Atlantico - proprio nel mezzo dell'Aquitania esplorata dal film in molti dei suoi aspetti. La lotta per la sorpravvivenza, la ricerca di un senso e l'ostinato desiderio di vita dei protagonisti trovano di volta in volta una cornice diversa: dalla realtà cittadina e campagnola alle spiagge meno battute, ai boschi nei quali i due protagonisti fuggono.
"Mi piaceva che fosse una regione pianeggiante, per definizione senza orizzonte. Non si riesce mai a vedere molto lontano, in linea con la storia dei personaggi, che si muovono alla ricerca di un modo per spingere l’orizzonte più avanti. In più è una regione piena di boschi e mi piaceva pensare metaforicamente a lui come al legno e a lei come al fuoco, che porta scompiglio, ma anche calore" ammette il regista.
Ed è evidente quanto nello svilippo della vicenda e dei due interpreti gli sfondi siano fondamentali. La quotidianità divisa tra piccoli centri e ville con piscina viene scossa da una pioggia torrenziale, che però fa inizialmente avvicinare i due ragazzi. Il trasferimento nella campagna per l'addestramento dell'esercito offre una piattezza e una povertà che per contrasto fanno emergere il loro carattere e i primi spigoli con cui confrontarsi. L'Eden nel quale si rifugiano, e dal quale emergono dopo un evento catartico, è l'apice di un connubio di natura selvaggia e radici che risveglia gli istinti.
Un percorso, in qualche maniera, nel quale è forse difficile identificare i paesi e le zone precise attraversate dalla narrazione, ma che vale la pena seguire affidandosi a un diverso viaggiare. E soprattutto dopo essersi fatti conquistare dal film e dai suoi personaggi, tra avventura e apocalisse, tra crisi e disperazione, abbandonati a se stessi in un Universo in cui "tutto va a rotoli e nessuno fa niente", ma nel quale è ancora possibile trovare delle Oasi.