La città più dinamica della Sassonia è moderna per tradizione. Paradiso dei melomani e laboratorio per i più creativi. A Lipsia il futuro parla chiaro.
Dici Lipsia e pensi a Napoleone. Oppure a Wagner (che c’è nato), Mendelssonh e Bach (che ci hanno vissuto e composto); o Leibniz e Goethe che nell’Auerbach Keller ha ambientato una celebre scena del Faust. Tutto giusto ma obsoleto e parziale. Lipsia infatti è – ed è sempre stata – una delle realtà metropolitane più dinamiche e all’avanguardia della Germania.
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Via dunque per un po’ gli impolverati testi da liceo e riferimenti ai mostri sacri della letteratura. E spazio alla metropoli moderna, tredici secoli dopo la fondazione dell’antica Lipzk da parte dei Sorbi, gruppo etnico di origine slava. Il centro storico, compatto e densissimo di storia e storie, è abbracciato da una cinta verde che segue in gran parte il tracciato delle antiche mura. Parchi, aree recuperate e canali navigabili. In quest’angolo di Sassonia – vicino e diverso dal capoluogo Dresda – la vita scorre frenetica ma non convulsa.
Dagli speciali privilegi commerciali del 1165 al titolo di Fiera Imperiale dei 1497, Lipsia ha sempre attratto merci e soldi e imprenditori per business avventurosi e investimenti prudenti. Oggi Amazon, Porsche, Dhl. Ieri altri loghi, analoghi viavai di capitali. Non è però – e per fortuna – come molte città che hanno visto flussi incessanti per secoli, senza trarne molto più di un’aura cosmopolita. A Lipsia la cultura non è mai stata uno sfondo sfumato ma protagonista. Qui, si dice, sono state stampate le prime copie del libro e del quotidiano più vecchi d’Europa (nel 1481 e nel 1650, rispettivamente). La seconda università più antica della Germania – sei secoli di storia – si trova qui e fa da contraltare al patrimonio artistico maggiormente esteso e celebre della città, quello musicale. Palcoscenico, camerino e regia.
Tutto questo (ed altro) è Lipsia da secoli per i melomani: un contesto – inevitabile retorica a parte – che dà spettacolo ad ogni angolo. Di più, la memoria pesa ma non opprime, la quantità non è a scapito della qualità. Si fa fatica a raccontare un mito senza eccedere in aggettivi e superlativi. Ma tant’è, specialmente se il mito è vivo. E accessibile.
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