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Le case di Recife e il Brasile 'diverso' di Aquarius

Nel film di Kleber Mendonça Filho, Sonia Braga si oppone alla speculazione in uno degli angoli più belli del SudAmerica

Teodora
Abituati ormai alle visioni panoramiche di paesaggi spettacolari, sembra strano parlare di un luogo suggestivo come il Brasile partendo da uno sguardo lanciato dalla finestra. Eppure è quello che succede con Aquarius, il secondo film di Kleber Mendonça Filho, dal quale emerge con forza una denuncia della speculazione edilizia di cui è stato oggetto il Nord-Est di Recife negli ultimi anni, la quarta area metropolitana del Paese, per ampiezza, situata tra i fiumi Beberibe e Capibaribe.

Nella capitale dello stato di Pernambuco, infatti, si svolge la storia di Clara, critico musicale che vive in un piccolo palazzo degli anni Quaranta chiamato 'Aquarius', affacciato sullo splendido lungomare di Recife. Una compagnia immobiliare ha già acquistato tutti gli appartamenti dell'edificio per farne un grattacielo di lusso, ma Clara è decisa a non cedere la casa cui è legata da una vita. Si scatena cosi' una vera e propria guerra fredda, in un crescendo di violenza psicologica, alla quale però Clara reagisce.

Grandi stanze, "inondate di luce", sono gli ambienti principali della vicenda, nella quale la location generale rimane quasi ellittica, eppure presente in ogni momento, ma non necessariamente visibile sulla scena. Dominata da l'appartamento dove vive la nostra eroina. "Le sue camere sono spaziose e luminose (l'Oceano Atlantico è proprio dall'altra parte della strada), ma una traccia dal significato nascosto vi scivola dentro insieme alla luce e alla brezza: l'idea che la casa di Clara (interpretata da una Sonia Braga 'splendida sessantenne' ndr) potrebbe anche essere un microcosmo che rispecchia il Brasile moderno", è stata la calzante descrizione fatta da A.O. Scott, del New York Times, che spiega meglio di tante altre il perché il film sia diventato in Patria un vero e proprio manifesto di libertà e resistenza.

Recife d'altronde è notoriamente città vibrante di vita e cultura, e la casa di Clara doveva esserne lo specchio: illuminata del sole che si riflette sul mare e sulla sabbia, popolata da libri e dischi, da un vissuto di cultura e arte che non si può abbandonare. Una casa che ha comportato una sfida emozionante per il regista, che ricorda così l'esperienza di girare in quegli interni: è stato "un grande piacere e una grande fatica. Una vera location, con un viale, una strada sempre affollata a circa 15 metri dalla finestra", racconta. Tutto "molto rumoroso", con "una gru nel soggiorno, che ha attaccato il braccio fuori dalla finestra". "è stato divertente, ma è stato tanto di lavoro, con un sacco di cavi e luci - continua Mendonça Filho. - Perché non era uno studio. Si tratta di un edificio vivente, ci sono persone che vi abitano. Persone amabili e molto pazienti, ad eccezione di una". E conclude: "La mia idea principale era di girare l'appartamento in modo che si potesse descriverlo ad un amico. Perché a volte vedo i film che si svolgono in case, in appartamenti, e io non sarei in grado di farlo".


 
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