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Ladakh. I riti delle sciamane

Ladakh: i riti delle sciamane

Quella degli oracoli è una tradizione ancora viva in Ladakh, la più direttamente legata al tantrismo. Ne incontriamo due, partecipando ai loro rituali.

Ladakh
©CECILIA MARTINO
Una tradizione ancora viva in Ladakh è quella degli oracoli, persone investite da poteri speciali e facoltà guaritrici direttamente dal Dalai Lama. Solo quelli che abbiano ricevuto questa sorta di investitura religiosa ufficiale possono praticare a fin di bene, in caso contrario si tratta di imbroglioni che agiscono in modo cattivo e a cui viene ritirato il potere, non appena scoperti.

La prima sciamana che incontriamo si trova a Sabu, ha ottant’anni e si chiama Sonam Zangmo (nella foto) ma il suo nome iniziatico è Ayu Iamo. Il suo potere si tramanda da più di quaranta generazioni e la sua forza discende direttamente dalla Grande Madre Kali, la divinità che la possiede durante la trance e attraverso la quale opera. Il ricco cerimoniale della trance rivela una grande precisione liturgica in cui niente è lasciato al caso: l’offerta agli spiriti dei quattro elementi (riso, burro, acqua e incenso), l’uso degli oggetti rituali (campana e vajra – quest’ultimo, simile a una lancia, è uno degli oggetti di potere del buddismo tantrico), la litania di formule incomprensibili ai nostri orecchi.

Un’aria densa di odori irrespirabili avvolge la piccola stanza dove si svolge il rituale. Uno per uno, i presenti si prostrano davanti all’oracolo, facendo domande e aspettando risposte, oppure facendosi guarire qualche male. Durante la trance la donna non parla in ladakhi bensì in tibetano, dimenticando poi tutto una volta tornata in sé. Per uscire dalla trance Ayu Iamo usa la credenza a specchio come riflesso della sua immagine posseduta dalla divinità. Quando Maha Kali è soddisfatta e vuole andare via, le appare un simbolo (l’animale Belungpa, una specie di orso) ed è l’inizio del rituale della svestizione dagli abiti sacri e dell’uscita dalla trance.

A Zangsti, quartiere di Leh, incontriamo il secondo oracolo, Tsewang Dolma Agupa, 52 anni. All’età di 24 anni la ragazza viene presa per matta, a causa dei suoi strani comportamenti e deliri mistici. L’incontro con il lama Stankna Rimpoche la indirizza sulla strada dello sciamanismo; il lama le fa distinguere il bene dal male, rilasciandole poi una sorta di certificato di possessione, l’investitura ufficiale necessaria per poter praticare. Questa volta assistiamo anche al rituale della guarigione attraverso il quale la sciamana letteralmente succhia dal corpo il male, sputandolo fuori. Durante la cerimonia, molte donne e uomini del posto sopraggiungono, fanno la loro offerta per poter prendere da terra e ornarsi con uno degli oggetti simbolici del cerimoniale del buddismo tibetano, la khata o kathak (sciarpa sottile generalmente di colore bianco, avorio o crema); si inginocchiano prostrati davanti alla donna, chi a  porgere domande chi a farsi succhiar via qualche male.

Queste oracolesse fungono un po’ da psicologhe del paese e la forza che istintivamente suscitano in chiunque le incontri è certamente tantrica, incatenata a una coscienza cosmica che a noi occidentali può rimanere preclusa o, peggio ancora, sbiadire come stregoneria. Esse usano il corpo come simbolo del sacro e veicolo di forze suscitate da un’esperienza visionaria prima ancora che mistica. E’ questa la base del tantrismo, che non è una religione ma una spiritualità naturale. E’ la forza primordiale di ogni essere umano al di là del bene e del male socialmente codificati, qualcosa che attrae e respinge, affascina e ammutolisce, proprio come assistere alle cerimonie di queste straordinarie donne del Ladakh.

Letture consigliate
Giuseppe Tucci, Il paese delle donne dai molti mariti, Neri Pozza, Vicenza 2005.
Abhinavagupta, Essenza dei tantra, Bur, Milano 2002.
Daniel Odier, Tantra yoga, Neri Pozza, Vicenza 1999.
Marilia Albanese, Il tantrismo. Il gioco della Dea, Xenia, Milano 1996.
Alice Ki, Tantra, Giunti, Firenze 2006.
Garma C. C. Chang, Insegnamenti di Yoga tibetano, Ubaldini, Roma 1981.
Lama Anagarika Govinda, I fondamenti del misticismo tibetano, Ubaldini, Roma 1972.
Namkhai Norbu (a cura di), Il libro tibetano dei morti, Newton, Roma 1983.
Selene Calloni, Yogin e sciamano. Guida alla conoscenza e alla pratica sciamanica, Promolibri Magnanelli, Torino 1997.
Selene Calloni,  Iniziazione allo Yoga Sciamanico, Mediterranee 1999.
Selene Calloni, Il Mito del Superuomo. Da Nietzsche ad Aurobindo, Promolibri Magnanelli 2004.
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