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La vita invisibile di Eurídice Gusmão in un Brasile sconosciuto

Il film di Karim Aïnouz racconta la storia di due sorelle approfittando di location uniche quanto rare.

Ubu
Siamo abituati a tutt'altro Brasile… Eppure lontano da Rio de Janeiro o Salvador de Bahia si svolgono le vicende raccontate in La vita invisibile di Eurídice Gusmão di Karim Aïnouz. In sala grazie a Officine Ubu, il film candidato da quella nazione agli Oscar 2020, nella categoria miglior film in lingua straniera, e presentato nell'Un Certain Regard dell'ultimo Festival di Cannes, parte dalla storia raccontata nel romanzo omonimo da Martha Batalha e approfitta delle location dello splendido paese latinamericano.



Al centro della vicenda la storia di due sorelle, Guida ed Eurídice, due donne complementari, unite e inseparabili, ma che finiranno per essere divise da un destino ingiusto e dalla società patriarcale della Rio de Janeiro degli anni '50. Abituate a una vita tradizionale, nella casa dei genitori dagli ideali conservatori, le due hanno dei sogni: Eurídice vuole diventare una rinomata pianista, mentre Guida è in cerca del vero amore. Le loro scelte porteranno alla drastica decisione del padre di separarle. Ma le due sorelle affronteranno un percorso di emancipazione che le porterà a rincorrere i propri sogni senza mai abbandonare la speranza di potersi ricongiungere.

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Un percorso che il film segue, e che attraversa le zone di São Cristóvão, Estácio, Tijuca e Santa Teresa, scelte per le riprese. Set sui quali il regista si è spesso ritrovato da solo, fedele alla sua 'routine'… "La prima cosa che mi è venuta in mente - ha raccontato lui stesso, - è la mia ossessione di arrivare presto sul set e di stare lì da solo a capire, immaginare la scena e percepire lo spazio prima che arrivino tutti. Questi momenti passati da solo sul set sono stati spesso fondamentali per me per andare avanti e guidare i lavori, con precisione".



Un rapporto molto personale, che nasce anche da una storia che Aïnouz ha sentito molto propria. "Sono cresciuto nel Nord-Est del Brasile conservatore degli anni ’60, in una famiglia composta in maggioranza da donne: una famiglia matriarcale in un contesto iper-machista - si legge ancora nelle note di produzione. - In una cultura patriarcale, ho avuto la grande possibilità di far parte di una famiglia in cui le donne avevano i ruoli principali. Ciò che mi ha spinto ad adattare La vita invisibile di Eurídice Gusmão era il desiderio di rendere visibili molte vite invisibili, come quelle di mia madre, mia nonna, le mie zie e tante altre donne di quel tempo". Una "storia di solidarietà", almeno nelle intenzioni. "Un'esperienza molto forte, non solo durante la preparazione ma anche sul set - come ha aggiunto sempre l'autore. Costretto a "stare all’erta e correggere gli errori".

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