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Il traditore Favino, 'boss dei due mondi' per Marco Bellocchio

Presentato in concorso a Cannes, il film italiano è stato girato tra la Sicilia, il Brasile e Miami.

01 Distribution
Nel 2020 lo vedremo in Tunisia nei panni di Bettino Craxi, nel film Hammamet di Gianni Amelio, ma nel frattempo le occasioni di godere del trasformismo e della bravura di Pierfrancesco Favino non mancheranno. Come dimostra il suo ultimo Il traditore, film di Marco Bellocchio incentrato su un'altra figura emblematica della storia - non solo politica, ma anche - italiana: quella di Tommaso Buscetta, detto 'Don Masino', membro di Cosa nostra e storico pentito, tra i principali accusatori di molti boss degli anni '80 e di Giulio Andreotti. Un uomo che per tutta la sua vita viaggiò tra l'Italia e l'America, come ha dovuto fare la produzione per raccontarlo, spostandosi tra la Sicilia, il Brasile, Roma e Miami.



La guerra tra famiglie mafiose è in corso all'inizio degli anni '80, quando Tommaso Buscetta decide di emigrare in Brasile per seguire i propri affari e fuggire dai Corleonesi. Arrestato ed estradato in Italia dalla polizia brasiliana, Buscetta prende una decisione che cambierà tutto per la mafia: decide di incontrare il giudice Giovanni Falcone e tradire l'eterno voto fatto a Cosa Nostra. Grazie alle sue rivelazioni viene istruito il MaxiProcesso a 475 imputati, le cui sentenze decimano l'organizzazione criminale. Sono gli anni dell'attentato a Falcone e alla sua scorta e del processo contro Andreotti. Buscetta deve lasciare l'Italia per scappare aMiami, malato e sempre in allerta, in attesa della rappresaglia mafiosa.

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Il film ci porta subito a Rio de Janeiro, nel Brasile dove Buscetta viveva e dove era tornato successivamente, guadagnandosi il titolo di "Boss dei due mondi". Ma la troupe ha viaggiato come poche volte accade in una produzione italiana… Sono state molte le location di questa nuova ricostruzione della storia patria realizzata dal regista di Buongiorno, notte e Vincere, da Roma a Latina e Bracciano, alle strade di Palermo e il suggestivo Castello di Falconara di Licata, fino all'Aula Bunker del Maxi-Processo, che proprio Favino descrive nell'intervista su Elle: "L’emozione più grande è stata mettere piede nell’aula bunker, starci per davvero mi ha dato il batticuore: è una specie di anfiteatro greco, conserva ancora tutta la gravità dei fatti che lì si sono consumati, in mesi di riprese non mi sono mai abituato, non è mai diventato normale, lì è successo qualcosa di troppo importante... Lì è diventata prova il fatto che la mafia esistesse”.

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"È stato il mio film più faticoso e difficile: riprese a Palermo, Roma, Rio de Janeiro, Colonia - gli fa eco Bellocchio, dimenticando Londra e Miami. - C’è stato un grande interesse europeo, probabilmente nato per merito del tema", ovviamente Buscetta stesso. "Un personaggio complesso" lo ha definito, "un italiano come tanti" e insieme "un uomo coraggioso, un traditore conservatore", di certo non un eroe, e altrettanto sicuramente un personaggio che ci farà tornare indietro nel tempo e… fare il giro del mondo.



Qualcosa di inusuale per un film italiano di questo tipo: quasi un biopic, più legal drama che action o thriller, "un film civile (o di denuncia sociale come si diceva una volta)" che il regista ha costruito "evitando ogni retorica e ideologia". E scoprendo, "sempre da dilettante, il siciliano, lingua meravigliosa spesso storpiata, ridicolizzata, caricaturizzata anche dai nostri cinema e televisione". E chissà che da questa rivelazione non nasceranno future proficue ispirazioni.
 
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