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Il signor Diavolo di Pupi Avati scopre Comacchio

La nuova storia del regista bolognese si sviluppa tra la cittadina emiliana e il Parco regionale del Delta del Po.

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"Un set perfetto" lo ha definito il regista bolognese, ma è difficile pensare che non ci sia un pizzico di benevolenza per una terra che ama tanto, e da tanto. Per il suo nuovo Il signor Diavolo, l'ottantenne Pupi Avati è tornato a girare nelle valli a Sud del Delta del Po, nel pieno dell'omonimo Parco regionale ospitato dalla sua Emilia-Romagna. Da queste parti era iniziata la sua carriera, 50 anni fa, con il primo ciak del 18 settembre 1968. Con Balsamus, l'uomo di Satana e con La casa dalle finestre che ridono (del 1976), che ancora oggi molti considerano un cult. E qui si svolge la vicenda della sua ultima fatica, ambientata nell'autunno del 1952.



Siamo nel Nord-Est, dove è in corso l'istruttoria di un processo sull'omicidio di un adolescente, considerato dalla fantasia popolare indemoniato. Furio Momentè, ispettore del Ministero, parte per Venezia leggendo i verbali degli interrogatori. Carlo, l'omicida, è un quattordicenne che ha per amico Paolino. La loro vita è serena fino all'arrivo di Emilio, un essere deforme figlio unico di una possidente terriera che avrebbe sbranato a morsi la sorellina. Paolino, per farsi bello, lo umilia pubblicamente suscitando la sua ira: Emilio, furioso, mette in mostra una dentatura da fiera. Durante la cerimonia delle Prime Comunioni, Paolino nel momento di ricevere l'ostia, viene spintonato da Emilio. La particola cade al suolo costringendo Paolino a pestarla. Di qui l'inizio di una serie di eventi sconvolgenti.

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"Abbiamo dato il meglio quando abbiamo dimostrato di ri-amare questa terra, la nostra terra, che ci ama" ha dichiarato il regista, parlando dell'intenzione di fare una sorta Saga con il Male come "assoluto protagonista" e ambientata in quelle terre. Quelle del Polesine, ma soprattutto intorno a Comacchio, location principale delle riprese. Iniziate in realtà alla fine del luglio 2018 tra Roma (in interni, tra Forte Bravetta e Santa Maria della Pietà) e Zagarolo (a Palazzo Rospigliosi).

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Ma perché si percepisse il "gotico padano" tipico del suo cinema, Avati ha sfruttato ampiamente la cittadina dei sette lidi concentrando la lavorazione (che si è conclusa alla Chiesa del Carmine) tra i vicoli del centro storico, i canali e nei pressi dell'argine Donnabona. Panorami completamente trasformati per l'occasione, con auto d'epoca e costumi cronologicamente coerenti. "Un lavoro intenso che ha lasciato il regista e la troupe ampiamente soddisfatti, nonostante qualche pausa forzata a causa delle nuvole", come raccontava Il resto del Carlino circa un anno fa.



"Per Comacchio è stata l'occasione di vedere un grandissimo artista al lavoro, che ancora una volta ha scelto la nostra città come location cinematografica - aveva dichiarato l'assessore alla Cultura Alice Carli. - Comacchio si conferma sempre di più come centro d'interesse turistico e culturale, con un patrimonio storico-naturalistico, unico nel suo genere". "Il vostro territorio è l'unica parte dell'Emilia che non si è svenduta, che ha mantenuto un rapporto col passato non pregiudicato - le ha fatto idealmente eco Avati, parlando con Estense.com. - Da Bologna a Piacenza è ormai quasi tutto contaminato dalla modernità, e poi, c'è la qualità delle persone. Lì sono sempre stato accolto splendidamente. Certo, il cinema dà sempre una certa visibilità, ma mi è capitato per esempio di girare in alcune zone di Bologna, dove la gente era esplicitamente infastidita dalla mia presenza. Dalle vostre parti, sento ancora l'Emilia della mia infanzia. Sono luoghi così suggestivi, così evocativi e poco compromessi, che sembra che il tempo si sia fermato non da secoli, ma da millenni. Sono luoghi tra il meraviglioso, il paradisiaco e l'inquietante, soprattutto quando si alza la nebbia".

 
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