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Il futuro parte dalla Norvegia, di Ex Machina

L'inglese Alex Garland sceglie le splendide location nordiche per una fantascienza cerebrale e di atmosfera

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A volte è particolarmente arduo riuscire a parlare delle location e di strutture turistiche utilizzate da un film senza far loro eccessiva pubblicità. A volte è semplicemente impossibile. Quando per esempio coincidono esattamente con realtà esistenti, senza le quali la vicenda realizzata sarebbe stata completamente diversa. È il caso di Ex Machina, film d'esordio dell'inglese Alex Garland, già sceneggiatore di fantasy molto particolari come Non lasciarmi e Sunshine (ma anche dei meno ricordati 28 giorni dopo o The Beach, con Leonardo DiCaprio).

Per raccontare la storia di Caleb, programmatore di una nota multinazionale di settore, invitato a passare una settimana nella casa di montagna del suo amministratore delegato, il genial(oid)e Nathan, Garland si è infatti affidato al Juvet Landscape Hotel di Alstad nella valle Valldal della Møre og Romsdal County nel nord della Norvegia. Albergo dalla storia secolare, che nella sua versione più recente si mostra incredibilmente integrato nel panorama circostante e in grado di combinare la meraviglia della natura locale con le più moderne tecnologie della domotica.

L'ideale per rendere credibile un novello (quanto sospetto) Steve Jobs, ecologista e fuori dagli schemi e insieme costantemente all'opera su esperimenti futuristici e intelligenze artificiali. Scendendo un gradino, è evidente il 'Playing God' che viene reso dalle immagini di interni ed 'esterni', dall'impegno nella creazione di una nuova 'Eva' e dall'Eden circostante. Quello, appunto, del 'Juvet' e della Norvegia. "È incredibile, - dice il regista, del Paese che l'ha innamorato… - Con queste colline verticali, cascate ovunque e la profondità dei fiordi"; "abbiamo trovato una casa e un hotel che furono disegnati dallo stesso architetto e georgraficamente vicini l'uno all'altro, così da poterci girare e avere una estetica unica", spiega sempre Garland, cui fa eco lo scenografo Mark Digby: "Siamo stati fortunati, davvero fortunati. All'inizio sembra di essere in una normale capanna di legno, ma poi si scopre la casa più grande e il suo mondo sotterraneo. Da alcune stanze ci sono vedute mozzafiato, come quella della valle attraversata da un fiume ghiacciato che si ha dalla sala da pranzo".

Vedute che potrà non essere impossibile (difficile, forse si) godere autonomamente recandosi tra Valldal ed il fiordo Sognefjord in cerca della creazione degli architetti Jensen & Skodvin, e potendosi permettere di alloggiare nelle splendide stanze con pareti vetrate situate tra gli alberi o con vista a strapiombo sul fiume. Ognuna diversa dall'altra, e tutte costruite per dare risalto al panorama esterno (tenendo bassa la luminosità interna). Un nido tra le montagne, ma soprattutto un futuro che i più fortunati potranno vivere sin da subito.


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