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La Puglia fa canestro

Prodotto nella provincia di Foggia e di Bari, il Canestrato Pugliese si contraddistingue per l'inconfondibile forma da cui sprigiona tutto il sapore delle Murge

Canestrato Pugliese: il formaggio a forma di fiscella
Courtesy of ©www.passionitalyfood.com
Prodotto ancora oggi utilizzando le caratteristiche fiscelle, il Canestrato Pugliese DOP è un condensato di gusto, storia e tradizione pastorizia. Profondamente legato alla pratica della transumanza, ha mantenuto lo stesso sapore genuino che lo ha contraddistinto sin dalle origini.

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LA TRADIZIONE Prodotto in un’area molto limitata della regione, il Canestrato Pugliese DOP deve la sua diffusione alla lunga tradizione pastorizia legata alla zona. Fin dall’antichità, infatti, gli allevatori ricorrevano alla pratica della transumanza, trasferendo le proprie greggi dagli Abruzzi alle piane del Tavoliere delle Puglie nei mesi tra dicembre e maggio durante i quali, in origine, si concentrava la produzione del formaggio. Sebbene oggi la migrazione del bestiame avvenga attraverso l’utilizzo di mezzi meccanici, tale usanza è rimasta ancora viva e caratterizza fortemente la produzione del Canestrato che viene confezionato utilizzando esclusivamente latte di pecora di razza Gentile di Puglia. Ciò che contraddistingue più di tutto la preparazione del Canestrato è, però, la fase della messa in forma e della stagionatura che avvengono all’interno di canestri in giunco pugliese, tipici dell’artigianato locale. Questi stampi, detti anche fiscelle, conferiscono alla crosta la sua caratteristica rugosità e danno il nome al formaggio.

LA DENOMINAZIONE Unico formaggio pugliese ad essere stato riconosciuto prima DOC, nel 1985, e successivamente DOP, nel 1996. La denominazione Canestrato Pugliese DOP fa riferimento alle forme prodotte nell’intero territorio amministrativo della provincia di Foggia ed in circa 15 comuni della provincia di Bari.

LE CARATTERISTICHE Si tratta di un formaggio a pasta semidura non cotta ottenuto da latte intero di pecora Gentile di Puglia, una razza appartenete alla famiglia Merinos. Viene confezionato in forme che misurano tra i 25 e i 34 centimetri di diametro, con uno scalzo di 10-14 centimetri d’altezza ed un peso compreso tra i 7 e i 15 chilogrammi. La crosta, dura e spessa, è di colore marrone tendente al giallo e si distingue per le caratteristiche venature che prendono la forma degli intrecci dei canestri dentro i quali le forme vengono racchiuse durante la lavorazione. Al taglio la pasta si presenta di colore giallo paglierino di tonalità più o meno intensa in relazione alla durata della stagionatura che varia dai due ai dieci mesi. La consistenza è compatta e alquanto friabile, poco elastica, discretamente fondente e con occhiatura molto rada. Il sapore è fortemente caratterizzato dall’utilizzo di caglio di agnello essiccato e conservato con bucce essiccate di arance e limoni e foglie di ortica. Il gusto decisamente marcato e piccante si fa più intenso con il protrarsi della stagionatura. Una volta tagliato, deve essere conservato in frigorifero avvolto da una pellicola trasparente o da un panno imbevuto di vino bianco secco per preservarne l’umidità.

LA PRODUZIONE Ciò che caratterizza la produzione del Canestrato Pugliese, oltre all’utilizzo delle fiscelle, è la pressatura delle forme che avviene in diverse  fasi e sempre all’interno dei canestri. Questa pratica consente di spurgare il siero in eccesso. Caratteristica anche la fase della salatura che viene effettuata rigorosamente a secco cospargendo le forme di sale grosso proveniente dalle locali saline di Santa Margherita di Savoia. Ogni anno vengono prodotte circa 60 tonnellate di Canestrato Pugliese la cui quasi totalità viene consumata localmente o nelle regioni limitrofe.

IL TERRITORIO Merita, certamente, una visita il parco archeologico i Pannoni, a pochi metri dalla laguna di Varano. Su questo territorio sono state, infatti, rinvenute numerose grotte scavate nel tufo risalenti a diverse epoche storiche. Le più antiche recano testimonianze datate tra il VI e il VII secolo d.C. La presenza di grotte risalenti al Basso Medioevo dimostrano quanto le sorgenti rappresentassero un’importante risorsa per le popolazioni locali, mentre quelle scavate tra il XVIII e il XIX secolo raccontano di come i pescatori sfruttavano il territorio intorno alla laguna. Grazie ad una particolare piccozza, infatti, tagliavano grossi blocchi di tufo che poi trasportavano a braccia sulle rive del lago. Di grande interesse anche il Santuario della Madonna di Sovereto, patrona dell’omonima località. Il sito che lo custodisce, risalente alla metà del XII secolo, è quello della piccola grotta di Sovere, dove si racconta fosse stata rinvenuta l’immagine della Vergine con Il Bambino. Per gli amanti delle attrazione naturalistiche, invece, l’appuntamento è al Parco Nazionale dell’Alta Murgia e alla riserva Naturale Statale di Falascone, all’interno del Parco Nazionele del Gargano, che custodiscono un prezioso patrimonio paesaggistico e faunistico.

LA CULTURA La Murgia è una delle zone della Puglia in cui la tradizione contadina ha lasciato maggiori testimonianze nella cultura locale. Per conoscerne la storia e scoprirne interessanti testimonianze, ci si deve recare ad Altamura, in provincia di Bari, dove il Museo Etnografico dell’Alta Murgia rappresenta un importante punto di riferimento per la tutela della memoria del patrimonio antropologico, etnografico e demografico della zona. Al suo interno è possibile osservare da vicino più di 1.200 oggetti del periodo compreso tra la fine del’800 e gli anni ’30 del secolo scorso legati alle tecniche di cerealicultura, viticoltura e, naturalmente, alla pastorizia. Da non perdere le aree dedicate ai mestieri artigianali, al trasporto a trazione animale, ai giochi dell’infanzia e all’abbigliamento tradizionale.

IN CUCINA Sia nella versione giovane che in quella matura, il Canestrato Pugliese DOP trova un largo impiego nella cucina locale. Le forme meno stagionate, che di solito vengono sottoposte ad un periodo di invecchiamento di circa 90 giorni, si accompagnano molto bene a piatti a base di verdure in pinzimonio, o bacche di fave oppure a frutta come pere ed uva. Risulta particolarmente gradevole se bagnato da vini bianchi o rosati secchi e fermi come San Severo Bianco, Rosa del Golfo, Fiano d’Avellino, Locorotondo e Rosatello Antinori. Il tipo stagionato è ideale per essere grattugiato. Ottimo da spolverare su primi piatti a base di sughi rossi o sugli spaghetti con i polipi, viene spesso utilizzato per insaporire i tipici funghi locali, i cardoncelli, cucinati in umido. Viene servito, inoltre, come secondo piatto accompagnato da sedano, cicoria, olive nere e ravanelli. Si sposa con vini rossi strutturati ed invecchiati non eccessivamente tannici come Chianti o Cabernet e ad etichette di produzione locale come l’Aglianico del Vulture, il Cacc’e Mmitte di Lucera, il Castel del Monte, lo Squinzano o il Salice Salentino.

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