In alcune zone del nostro meridione questa usanza si è espressa in interessanti forme artistiche che sono state, nel tempo, tramandate di generazione in generazione, specialmente in Calabria. Sono numerosi i simboli ed i rituali a cui gli antichi cittadini calabresi si affidavano per salvaguardare le case dagli spiriti del male: dai leoni e le conchiglie posizionati vicino alle porte e alle finestre, ai ferri di cavallo posizionati a corna, alle scope inchiodate ed alle corna di bue, sino ad antichi rituali dalle suggestioni un po' sinistre come quello, di origine romana, di inchiodare gli uccelli, preferibilmente notturni, sugli stipi delle porte, come descritto da Apuleio nella “Metamorfosi”: “li prendono e li inchiodano alle porte perché con la loro morte atroce facciano penitenza delle disgrazie che il loro volo infausto reca alle famiglie”. Ma tra le pratiche più affascinanti legate alla protezione delle abitazioni da entità malvagie e malocchio si distingue certamente quella dell'esposizione delle cosiddette maschere apotropaiche (dal greco antico apotropao, “allontanare”).
Maschere in terracotta
Quei volti grotteschi che fanno la guardiaQuesti grandi mascheroni in ceramica, pietra o terracotta dalle sembianze spesso mostruose venivano affissi sugli stipiti delle porte, sui balconi, sulle finestre o dentro casa per proteggere l'abitazione. A queste grottesche raffigurazioni venivano, difatti, attribuite funzioni magiche che avrebbero consentito di scacciare il malocchio e gli spiriti maligni. La loro diffusione riguarda diverse regioni del Mezzogiorno ma la più radicata tradizione legata alla loro realizzazione ed esposizione in prossimità dell'ingresso delle case è legata proprio al folklore calabrese.
L'iconografie di queste maschere è notevolmente variegata anche se spesso richiama figure antropomorfiche più o meno spaventose derivate dal simbolismo e dalla mitologia di matrice magno-greca. Sulle antefisse dei templi greci e romani, ad esempio, campeggiano talvolta raffigurazioni di satiri o gorgoni realizzati in pietra o terracotta. L'antropologo Raffaele Corso, invece, nel suo “Amuleti” ricorda come “nelle campagne e nei borghi, sull’arco della porta di ingresso delle case si vedono delle maschere, ora scolpite in pietra viva, ora plasmate in creta”. Tra quelle scolpite si ricorda, ad esempio, quella che vegliava sul portone di Palazzo Mumoli, nel rione Giudecca a Nicotera. La diffusione di queste maschere ha origini antiche, come testimoniano i reperti rinvenuti negli scavi archeologici calabresi anche se, nel corso del tempo, il loro aspetto ha subito una certa evoluzione come, ad esempio, la sempre più frequente presenza di corna che richiamavano il diavolo e figure demoniache.
Ceramiche calabresi
Non mancano, tuttavia, soggetti che ricordano personaggi tipici del teatro tradizionale e volti dalle espressioni più svariate e grottesche che spaziano da quelli con sguardo torvo e minaccioso, a quelli deformati da smorfie e lineamenti quasi mostruosi come la lingua a penzoloni, gli occhi sporgenti, il naso storto, i capelli arruffati e, appunto, le corna. Tra le figure più diffuse si distinguono, inoltre, i cosiddetti nasocchi, raffigurati con naso lungo ed occhi grandi e realizzati esclusivamente in terracotta, che venivano esposti nelle case come simbolo di buon auspicio, fortuna e ricchezza.Nel corso del tempo queste maschere sono diventate una interessante espressione dell'artigianato calabrese specialmente a Seminara, grazioso borgo in provincia di Reggio Calabria, specializzato nella lavorazione della ceramica e nella produzione di magnifiche maschere portafortuna, al punto che non è raro sentir parlare di “maschere di Seminara” con riferimento alle maschere apotropaiche. Basti pensare che nel XVIII secolo erano ben 23 i “pignatari” attivi nella località calabrese e nel secolo successivo aumentarono a 28. Nel XX secolo gli artigiani divennero 30 tra i quali spiccavano i nomi di Ferraro e Condurso i cui manufatti colpirono persino Pablo Picasso.
Nel quartiere “i pignatari” è ancora oggi possibile ammirare abili artigiani a lavoro, mentre per ripercorrere la storia della tradizione popolare calabrese tra maschere apotropaiche, costumi tradizionali, attrezzi agricoli, immagini sacre etc. l'appuntamento è al Museo di Etnografia e Folklore allestito al piano terra della Casa della Cultura "Leonida Rèpaci" di Palmi, in provincia di Reggio Calabria. (Leggi qui per saperne di più sui manufatti di Seminara)
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