E' impossibile non rimanere incantati dalla Carnia e dai suoi paesaggi incontaminati interrotti soltanto da piccoli borghi di case in pietra e legno. Esplorare questa magnifica terra friulana adagiata sulle Alpi Carniche proprio al confine con il Veneto e l'Austria è l'occasione perfetta per riscoprire il contatto più autentico con una natura incantevole. Ogni località vanta lunghe tradizioni artigiane che si esprimono negli splendidi tessuti e nei manufatti in legno, pietra, ferro e ceramica esposti nelle botteghe che costeggiano le strade.
LA TRADIZIONE
Uno degli aspetti più affascinanti del folklore carnico è l'evoluzione del suo costume tradizionale a cui la popolazione della Carnia è ancora profondamente legata. Degli abiti maschili non è rimasta traccia, mentre di quelli femminili è stato possibile ricostruire l'intera storia ed individuarne modifiche subite nel corso del tempo anche grazie alle numerose testimonianze pittoriche giunte sino ai giorni nostri che ritraggono le donne della Carnia nei loro abiti tradizionali. L'evoluzione del tipico costume carnico è scandita principalmente dalle modifiche via via apportate al copricapo, l'elemento che nel tempo è stato caratterizzato dalle più significative trasformazioni.
LE CARATTERISTICHE
Il costume tipico delle donne della Carnia presenta alcune caratteristiche comuni per tutta la durata della sua storia. Da sempre, infatti, l'abito di ogni giorno e quello da lavoro è costituito dalla gonna e dal cas, tipico bustino senza maniche. Gli abiti da festa e per le grandi occasioni erano formati da un pezzo unico. Entrambi venivano, però, completati dalla sottoveste e dalla camicia. Nella quotidianità le donne erano solite indossare, sotto al cas, un giacchetto generalmente abbottonato sul davanti, chiamato camisola, del quale si vedevano soltanto le maniche e la parte superiore della scollatura che fuoriusciva dal corpetto. Uno dei capi più classici del costume è il grembiule che nel tempo acquisì un'importanza sempre maggiore fino ad essere indossato sempre, tanto in campagna, quanto in casa e durante le nozze. Nelle stagioni più fredde il collo era coperto da un fazzoletto di forma quadrata o triangolare che in inverno era scuro e pesante, mentre quello da lavoro era in tela stampata. Ma il fazzoletto più importante del costume era quello che copriva il capo e che, fino al XVIII secolo, prendeva il nome di Fazzùl. A partire dal XVIII secolo il Fazzul venne sostituito dal caratteristico Quadri, detto anche piece, che consiste in un fazzoletto in cotone o in lino di forma quadrata semplice, oppure ricamato. Veniva annodato dietro la nuca e si faceva ricadere la punta destra sulla spalla, e la sinistra dietro la schiena. A partire dalla metà del XIX secolo cominciano, infine, a diffondersi i classici fazzoletti da testa, anche colorati.
IL TERRITORIO
passeggiando per i pittoreschi borghi della Carnia si scoprono tradizioni uniche e tesori preziosi che spaziano dai violini e i clavicembali di Paularo, dalle suggestioni mozartiane, all'antico Mulin dal Flec di Ilegio, ancora perfettamente funzionante, dalle Farie di Checo, storico opificio di Cercivento, alle testimonianze custodite presso il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Tolmezzo, dal magnifico presepe di Teno, visitabile tutto l'anno, alle suggestioni di Pesariis, località di Prato Carnico nota anche come “il paese degli orologi”.
GLI INDIRIZZI
L'appuntamento per scoprire tutta la storia e l'evoluzione del bellissimo abito delle donne della Carnia è al Museo delle Arti e Tradizioni Popolari “Michele Gortani” di Tolmezzo che custodisce una ricca collezione di ritratti e di costumi tradizionali appartenenti soprattutto al XIX secolo.
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