Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli è uno dei più importanti musei d’Italia (e probabilmente d’Europa), e custodisce un inestimabile patrimonio di opere d’arte antica e manufatti archeologici. Ma questa grande istituzione ‘nasconde’ una particolarità che in pochi conoscono, e che fino ad alcuni anni fa era segretissima, censurata. Si tratta del Gabinetto Segreto, una sezione del museo esclusivamente dedicata all’arte erotica e a reperti a sfondo sessuale. Molto, molto espliciti, tanto che vige il divieto di accesso ai minori di 14 anni non accompagnati.
La storia del Gabinetto Segreto è interessante tanto quanto le opere che espone, perché il sottotesto parla di censura e di evoluzione del senso del pudore: laddove gli antichi rappresentavano il sesso in modo naturale, i nostri quasi-contemporanei hanno visto depravazione, oscenità e peccato. Sono tante infatti le statue, i dipinti, i mosaici, gli affreschi, gli oggetti di uso comune che nei secoli hanno rappresentato il sesso, l’erotismo, gli organi genitali. Scene a volte realistiche, altre a cavallo tra mito e leggenda. A Napoli sono raccolte oltre 250 opere, ma sono in esposizione solo dall’anno 2000. In esposizione un’ampia rappresentazione della sessualità secondo la concezione degli antichi, trattata secondo aspetti mitico-religiosi, culturali, magici, commerciali, funebri e anche caricaturali.
Gabinetto Segreto è il nome che i Borbone hanno destinato alla raccolta delle numerose opere a sfondo sessuale che si stavano rinvenendo negli scavi di Pompei ed Ercolano. Negli anni la raccolta si ampliò, e, proprio perché oggetto di limitazioni (la potevano ammirare solo persone ‘selezionate’), durante i moti rivoluzionari del 1848 diventò simbolo di libertà civili, intellettuali, di espressione. Ma le autorità osteggiarono sempre la pubblica esposizione di queste opere ritenute oscene, tanto che in diverse occasioni si minacciò di distruggerle. Fortunatamente questo non accadde, anche se al fine di ‘salvaguardare la reputazione’ della casa Reale (il museo era di proprietà borbonica) le opere in questione vennero relegate ad alcune sale chiuse definitivamente con tripla chiave. Finirono in questo Gabinetto Segreto persino alcune statue di nudi, tra cui diverse Venere.
La conquista Garibaldina fece riaprire le sale, ma durante il Regno d’Italia tornò la censura, che si fece ancora più aspra in epoca fascista (occorreva un permesso ministeriale per potervi accedere). Nel dopoguerra il Gabinetto non ebbe vita migliore, solo dagli anni ’70 in poi si ricominciò a valutare l’idea di regolamentare l’accesso alla sezione ricominciando ad aprirla – ma ancora solo attraverso richieste e permessi. Come accennato, è solo nel 2000 che la collezione è visibile al pubblico, grazie ad un nuovo allestimento che ha coinvolto le sale 62 e 65 del Museo Archeologico.
Gabinetto Segreto è il nome che i Borbone hanno destinato alla raccolta delle numerose opere a sfondo sessuale che si stavano rinvenendo negli scavi di Pompei ed Ercolano. Negli anni la raccolta si ampliò, e, proprio perché oggetto di limitazioni (la potevano ammirare solo persone ‘selezionate’), durante i moti rivoluzionari del 1848 diventò simbolo di libertà civili, intellettuali, di espressione. Ma le autorità osteggiarono sempre la pubblica esposizione di queste opere ritenute oscene, tanto che in diverse occasioni si minacciò di distruggerle. Fortunatamente questo non accadde, anche se al fine di ‘salvaguardare la reputazione’ della casa Reale (il museo era di proprietà borbonica) le opere in questione vennero relegate ad alcune sale chiuse definitivamente con tripla chiave. Finirono in questo Gabinetto Segreto persino alcune statue di nudi, tra cui diverse Venere.
La conquista Garibaldina fece riaprire le sale, ma durante il Regno d’Italia tornò la censura, che si fece ancora più aspra in epoca fascista (occorreva un permesso ministeriale per potervi accedere). Nel dopoguerra il Gabinetto non ebbe vita migliore, solo dagli anni ’70 in poi si ricominciò a valutare l’idea di regolamentare l’accesso alla sezione ricominciando ad aprirla – ma ancora solo attraverso richieste e permessi. Come accennato, è solo nel 2000 che la collezione è visibile al pubblico, grazie ad un nuovo allestimento che ha coinvolto le sale 62 e 65 del Museo Archeologico.
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