Quando si immagina Firenze nei secolo passati si pensa all’arte, alle scienze, all’architettura, alla ricchezza culturale. Difficilmente la si immagina costellata di posti terribili e temuti come le carceri. Che invece si trovavano in diversi luoghi della città, spesso di piccole dimensioni (torri, celle nei palazzi più prestigiosi, sotterranei – dette ‘burelle’). A partire dal 1299 la città fiorentina si dotò di un carcere che rimase tale per circa 5 secoli: le Stinche. Nome ancora oggi evocativo tra i fiorentini, un luogo del quale tuttavia non vi è più traccia. Al suo posto sorge infatti il Teatro Verdi, in via Ghibellina.
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Le antiche carceri delle Stinche sembrano essere la prima prigione in Europa costruita proprio per lo scopo detentivo. La sua realizzazione fu votata e approvata dal Consiglio dei Cento, il più importante organo esecutivo dell’epoca, e impiegò circa 2 anni per essere conclusa. Si trattava di un edificio di forma quadrata, circondato da un muro perimetrale alto e senza finestre, il cui accesso era limitato ad un ingresso per i funzionari e un portoncino per i rifornimenti. A circondare il muro, un fossato, che rendeva in qualche modo il carcere un’isola: è infatti con Isola delle Stinche che spesso si ricordano queste antiche carceri. Le pietre utilizzate per costruire la prigione provenivano dalle case di nobili famiglie demolite in seguito a guerre dinastiche (siamo in piena epoca Guelfi contro Ghibellini). Il nome, fra l’altro, deriva dal Castello delle Stinche, dimora perduta dei Cavalcanti.
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I detenuti delle Stinche furono principalmente prigionieri politici e di guerra (i primi a rimpirlo furono ghibellini), ma negli anni vennero destinati qui anche i colpevoli di crimini finanziari. Le condizioni dei detenuti erano variabili, in base alla disponibilità economica degli stessi o alla carità dei privati. Ogni detenuto infatti doveva in qualche modo mantenersi da sé o farsi mantenere. A ricordare questa condizione, che per i meno abbienti significava una pena molto dura, la scritta sopra il piccolo ingresso Oportet misereri (occorre compatire), anche chiamata dal popolo ‘porta della miseria’. I condannati a morte usciti dalle Stinche percorrevano, in un triste corteo, via Ghibellina per arrivare al patibolo. Ancora oggi, si possono vedere i tabernacoli eretti lungo il percorso per confortare i condannati, come il Tabernacolo delle Stinche risalente al 1616.