Forse non tutti conoscono bene Bruno Dumon, e anche tra quelli che lo conoscono non si può dire che sia tra i più amati registi transalpini attualmente in circolazione, ma certo non si può negare che abbia saputo ritagliarsi un posto non da poco nella storia della cinematografia, soprattutto francese. E sicuramente grazie alle due vittorie del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes (per L'umanità nel 1999 e Flandres nel 2006), ma forse - in qualche misura - anche per la sua attenzione alle location.
Il solo - e criticato - Twentynine Palms (2003), infatti, venne girato in California, per il resto la sua intera filmografia ha volutamente approfittato di ambientazioni transalpine, dalla più classica Parigi alle Bocche del Rodano, dalle Fiandre francesi di Hadewijch (film del 2009 girato al Mont des Cats nel territorio di Godewaersvelde) e dell'omonimo film del 2006, fino al Passo di Calais visto in Hors Satan (2011), in L'età inquieta (1997) e in questo ultimo Ma loute, presentato in concorso proprio sulla Croisette lo scorso maggio.
Girato principalmente nella Baia di Slack, il film è ambientato nel 1910, sulla Côte d'Opale, località balneare dove due detective devono indagare su alcune misteriose sparizioni. Qui fanno la conoscenza delle strane congreghe dei Bréfort, clan composto prevalentemente da traghettatori locali, e dei Van Peteghems, decadenti e borghesi in vacanza nella villa di famiglia. Ad arrivare sarà ovviamente una love story quasi in stile Romeo & Giulietta, la quale scuoterà le acque dando il via ad una commedia nera nella quale è un piacere trovare anche la 'nostra' Valeria Bruni Tedeschi al fianco di Juliette Binoche e Fabrice Luchini.
Una storia che però non sembra aver entusiasmato tutti, soprattutto al Nord. Gli spettatori di quelle zone, infatti, hanno duramente criticato Dumont (originario di Bailleul, a meno di 130 km da Calais) per la "cattiva immagine" data degli abitanti di Nord-Pas-de-Calais. Il sindaco di Wissant si è addirittura augurato che il regista vada a girare le sue prossime opere a Marsiglia o in Corsica! Ma la stampa, e la critica, hanno invece speso belle parole, come nel caso di La Voix du Nord che ha scritto: "I paesaggi si succedono come fotografie, con la luminosità tipica della Costa d'Opale che molti noti pittori hanno abbozzato... Tra i migliori biglietti da visita per il Grand Site des Deux Caps".
E per tutta la regione, della quale viene mostrato anche lo splendido Château d'Hardelot e dalla quale vengono i due stessi giovani interpreti Brandon Lavieville e Raph, all'epoca sedicenne, transgender "mascolino e molto sensibile" che gli assicurava "l'ambiguità richiesta dal film". Che non è stato facile girare al giorno d'oggi per una serie di considerazioni che si possono evincere dalle stesse parole del regista francese: "La realtà temporale di un film in costume richiede la cancellazione di un sacco di elementi moderni: gli aerei in cielo, le barche in mare, ecc. Le dune erano forse l'unica location che somigliasse oggi a come apparivano nel 1910. Qualche volta ho usato speciale effetti nei miei film precedenti, ma niente in confronto a questo. Detto ciò, la frammentazione del lavoro necessario per gli effetti speciali mi si addice perfettamente. Mi permette di concentrarmi sulla regia durante le riprese, perché so che il contesto è solo provvisoria e cambierà in post-produzione. Dal momento che il vero non era più la mia fonte di ispirazione, mi sono sentito molto libero".