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Il passaggio in India della pakistana di Cosa dirà la gente

Oggi divisa tra Oslo e Londra, la regista Iram Haq parte dalla propria esperienza per realizzare una opera seconda toccante e originale.

lucky red
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Cosa potrebbe mai unire l'India e la Norvegia, tanto più cinematograficamente parlando? Due mondi lontani - e non solo geograficamente - sintetizzati nell'esperienza di vita della attrice e regista Iram Haq, cresciuta a Oslo in una famiglia di immigrati, le cui origini ci portano fino in Pakistan. Come la vicenda mostrata nel suo film, Cosa dirà la gente, profondamente legata al proprio vissuto… tanto da far sì che la regista ammettesse di aver avuto bisogno "di un po' di anni per svilupparlo e per esser pronta a raccontare la storia".

Quella della sedicenne Nisha e della doppia vita che vive: A casa, in famiglia, è la perfetta figlia pachistana, ma quando esce con gli amici di Oslo è una normale adolescente norvegese. Quando però il padre sorprende Nisha in intimità col suo ragazzo, i due mondi della ragazza entrano violentemente in collisione: i suoi stessi genitori la rapiscono per portarla a casa di alcuni parenti in Pakistan. Lì, in un Paese in cui non è mai stata prima, Nisha è costretta ad adattarsi alla cultura di suo padre e di sua madre.

Ma anche Iram a quattordici anni è stata rapita dai genitori, "e costretta a vivere per un anno e mezzo in Pakistan", come spiega lei stessa. "Ho aspettato di sentirmi pronta come regista e come persona per raccontare questa vicenda in modo equilibrato - aggiunge. - Desideravo che il pubblico provasse le emozioni e i sentimenti di Nisha. E dopo un lungo lavoro di casting, abbiamo trovato finalmente l'attrice perfetta per la parte: Maria Mozhdah". La punta di diamante di un team composto di attori diversi tra loro, per età, esperienza e background che si è rivelato essenziale.

Ma la vera arma segreta è stato sicuramente poter inserire la sua esperienza in una cornice che la rendesse credibile, girando tra la Norvegia e l'India, pur se per motivi di praticità non si è potuto sfruttare il vero Pakistan deviando la produzione verso la confinante regione del Rajasthan, lo Stato più grande del subcontinente indiano, tra Ajmer e Udaipur. "Lavorare in Rajasthan è stata un'esperienza magica - confida la Haq. - Mio padre e i miei antenati sono originari di quelle regioni. Conosco la lingua, e questo mi ha aiutata un bel po'. Lì ho sentito di aver ritrovato me stessa. Sono stata in India cinque volte e ho potuto mostrare foto e condividere ricordi con mio padre quando era ancora vivo. Questo ha significato molto per me".
 
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