Designer, visual artist, regista e da almeno una decina di anni attivista impegnato, il cinese Ai WeiWei resta una delle figure di riferimento a livello mondiale per molte forme d'arte e di comunicazione. Una firma importante su un progetto tanto vasto e di grande impatto emotivo e sociale.
Umanità costretta a cercare un luogo dove vivere, umanità che chi accoglie mostra a chi solo è stato meno fortunato... In questo caso una madre e una figlia fotografate nel campo Shariya, in Iraq, una nazione verso la quale molti si dirigono e, insieme, dalla quale molti ancora fuggono...
I bambini di Dadaab, uno dei più grandi campi per rifugiati del mondo e, ovviamente, del Kenya, dove si trova. Quasi un quarto di milione di persone, provenienti anche da Eritrea e Sud Sudan, in fuga da sanguinose guerre civili, si stabilisce qui in cerca di normalità e futuro.
Un Paese distrutto e senza tregua, costretto dalla Storia in condizioni drammatiche eppure forte e vitale, come i piccoli occupanti del campo libanese per palestinesi di Ain al-Hilweh. Oltre a libanesi e siriani, sono quasi mezzo milione i palestinesi attualmente ospitati dai 12 campi locali.
Una foto emblematica, anche questa... Di un gruppo di profughi siriani nl campo francese di Calais conosciuto come 'The Jungle" per le sue povere e squallide condizioni, anche sanitarie. Bonificato e distrutto nel 2016, nuovi campi sono ormai sorti in quella zona costiera.
Uno dei nomi ricorrenti nei nostri telegiornali, il più grande campo profughi della Grecia, definita dallo stesso ministro dell'interno greco "la Dachau dei nostri giorni", Idomeni si pone come vero e proprio 'ponte' tra l'Europa e il Medio Oriente. Non a caso questa rimane l'immagine più emblematica del film e che più abbiamo visto circolare...