Non accade spesso ormai che il cinema - soprattutto quello italiano - metta al centro delle proprie storie dei contesti non urbani o meno 'cool' di quelli che sembrano vendere meglio al botteghino, ma poi succede che in sala arrivi un film come Il mondo magico di Raffaele Schettino… Romano, ma originario della provincia di Avellino, il regista ci dà la possibilità di esplorare un mondo che non siamo abituati a vedere, grazie a uno scavo nelle proprie radici che lo ha portato a sfruttare proprio le zone dell'Irpinia (principalmente, ma non solo) e a realizzare un percorso, anche musicale, attraverso il nostro paese e le nostre cultura e tradizioni..
Alla base una storia vera, datata anni '40: quella di Gianni (interpretato dallo stesso regista), che durante la campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale, diserta e trova asilo in una famiglia a Piadena, in provincia di Cremona, dove si innamora della bella e misteriosa Teresa (Chiara Travisonni). Che lascia, con la promessa di sposarla, solo per rientrare alla natale Frigento, in Irpinia. Dove però ritrova Tina (Alessandra Tavarone), il suo primo amore, con la quale decide di avere un figlio e di trasferirsi a Buonacquisto, in Umbria, dove Gianni trova impiego come carabiniere e conosce alcuni minatori e operai dell’acciaieria ternana. Ma qui lo attendono nuove scoperte, nuovi dolori, nuove passioni e sofferenze…
Attendono il pubblico, invece, nel corso dello sviluppo della vicenda, una serie di cambiamenti di panorama e di tono, anche musicale… Il regista, Laureato in Economia e musicista, infatti, ha sfruttato i canti e le tradizioni orali della bassa Lombarda, dell'Irpinia e della Valnerina umbra tanto quanto le location di queste zone, spesso meno celebrate dalla settima arte, ma che in questo caso hanno visto coinvolte le Pro loco e le associazioni locali a fare da sfondo alla storia, come sottolinea lo Schettino quando dichiara che: "Rituali della terra, canti e musiche della tradizione popolare e la vitalizzazione dei musei etnografici e contadini, sono i tre fili rossi che costituiscono la vera essenza de film".
"La magia deriva dall’osservazione della natura, di cui l’uomo si fa specchio e ne fa parte, - aggiunge ancora il regista. - È nel mondo contadino che troviamo la consapevolezza di una comunità che, attraverso i propri rituali, ci aiuta a capire, nella semplicità del sapere comune, chi siamo", d'altronde. E cosi una "idea nata a tavola, in famiglia, ascoltando la storia di un vecchio zio" si è andata facendo realtà una ripresa dopo l'altra, a partire da quel primo ciak settembrino in Valnerina - tra Buonacquisto (nel comune di Arrone) e il lago del comune di Terni (dove si è rivelata "fondamentale la collaborazione dell’associazione ‘Buonacquisto insieme’, dei cantori di Ferentillo, la disponibilità dei Comuni di Arrone e Terni e il patrimonio lasciato da Valentino Paparelli e Sandro Portelli") - fino al lungo viaggio tra la valle dell’Oglio-Po e l'Irpinia, le province di Cremona e Avellino (Aquilonia Calitri, Cairano, Paternopoli, Monteverde, Frigento, Bonito, Mirabella, Aquilonia), le grotte di Valenzio e Lo priore, avvalendosi di attori non professionisti ("alla ricerca di una spontaneità che rendesse più fluido e realistico il racconto, arricchendolo con inflessioni del dialetto locale") e del contributo di gruppi di musica popolare, come: il Duo della Lega di Cultura di Piadena, La Banda della Posta (che spesso affiancano Vinicio Capossela) e I Cantori della Valnerina.
Alla base una storia vera, datata anni '40: quella di Gianni (interpretato dallo stesso regista), che durante la campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale, diserta e trova asilo in una famiglia a Piadena, in provincia di Cremona, dove si innamora della bella e misteriosa Teresa (Chiara Travisonni). Che lascia, con la promessa di sposarla, solo per rientrare alla natale Frigento, in Irpinia. Dove però ritrova Tina (Alessandra Tavarone), il suo primo amore, con la quale decide di avere un figlio e di trasferirsi a Buonacquisto, in Umbria, dove Gianni trova impiego come carabiniere e conosce alcuni minatori e operai dell’acciaieria ternana. Ma qui lo attendono nuove scoperte, nuovi dolori, nuove passioni e sofferenze…
Attendono il pubblico, invece, nel corso dello sviluppo della vicenda, una serie di cambiamenti di panorama e di tono, anche musicale… Il regista, Laureato in Economia e musicista, infatti, ha sfruttato i canti e le tradizioni orali della bassa Lombarda, dell'Irpinia e della Valnerina umbra tanto quanto le location di queste zone, spesso meno celebrate dalla settima arte, ma che in questo caso hanno visto coinvolte le Pro loco e le associazioni locali a fare da sfondo alla storia, come sottolinea lo Schettino quando dichiara che: "Rituali della terra, canti e musiche della tradizione popolare e la vitalizzazione dei musei etnografici e contadini, sono i tre fili rossi che costituiscono la vera essenza de film".
"La magia deriva dall’osservazione della natura, di cui l’uomo si fa specchio e ne fa parte, - aggiunge ancora il regista. - È nel mondo contadino che troviamo la consapevolezza di una comunità che, attraverso i propri rituali, ci aiuta a capire, nella semplicità del sapere comune, chi siamo", d'altronde. E cosi una "idea nata a tavola, in famiglia, ascoltando la storia di un vecchio zio" si è andata facendo realtà una ripresa dopo l'altra, a partire da quel primo ciak settembrino in Valnerina - tra Buonacquisto (nel comune di Arrone) e il lago del comune di Terni (dove si è rivelata "fondamentale la collaborazione dell’associazione ‘Buonacquisto insieme’, dei cantori di Ferentillo, la disponibilità dei Comuni di Arrone e Terni e il patrimonio lasciato da Valentino Paparelli e Sandro Portelli") - fino al lungo viaggio tra la valle dell’Oglio-Po e l'Irpinia, le province di Cremona e Avellino (Aquilonia Calitri, Cairano, Paternopoli, Monteverde, Frigento, Bonito, Mirabella, Aquilonia), le grotte di Valenzio e Lo priore, avvalendosi di attori non professionisti ("alla ricerca di una spontaneità che rendesse più fluido e realistico il racconto, arricchendolo con inflessioni del dialetto locale") e del contributo di gruppi di musica popolare, come: il Duo della Lega di Cultura di Piadena, La Banda della Posta (che spesso affiancano Vinicio Capossela) e I Cantori della Valnerina.