Potrebbe stupire scoprire che a Siracusa, oltre ai capolavori del barocco, del teatro greco e alla meraviglia delle zone costiere, c’è un museo dedicato al papiro. Cosa ci fa in Sicilia un museo dedicato a questa pianta, tipicamente associata all’Egitto antico? Ebbene, la risposta è che a Siracusa, per la precisione lungo gli argini del fiume Ciane e parzialmente di Fiumefreddo, vi sono gli unici papireti d’Europa. Gli unici al mondo al di fuori dell’Egitto. Il Museo del Papiro Corrado Basile nasce per non solo per l’esposizione, ma per lo studio e la conservazione della cultura del papiro. Si trova presso l'ex convento di Sant'Agostino, location in cui è stato spostato nel 2014, ma l'istituzione esiste dal 1987.
Il Cyperus papyrus è una pianta erbacea acquatica dalla quale si ricava la famosa carta, che ha rivoluzionato completamente la scrittura in tempi antichi. Per secoli fu il materiale di supporto più usato, che sostituì le più scomode tavolette di argilla. Un importantissimo veicolo di trasmissione della cultura. Il più importante produttore al mondo di papiro era l’Egitto, che contava su raccolti eccezionali nella zona del Delta del Nilo, e lo commerciava in tutto il bacino Mediterraneo. I più antichi papiri ritrovati risalgono addirittura al terzo millennio a.C., e fino all’arrivo della pergamena rimase l’unico e più prezioso supporto per la scrittura. A causa di una brusca interruzione dei commerci tra paesi arabi ed Europa, il papiro scomparve dalla scena italiana (gli ultimi manoscritti su tale supporto risalgono circa all’anno 1000 d.C.) per diversi secoli.
Fu un archeologo di origine catanese a voler riprendere la coltivazione della pianta, della quale vi sono testimonianze in Sicilia già in epoca antica, provando a farla crescere nel siracusano. Siamo nel 1780 circa, e da lì in avanti il papiro ricomincia ad essere coltivato e lavorato nell’area, dando vita ad una vera e propria cultura locale. In particolare è alla Fonte Aretusa, che oggi corrisponde alla zona di Ortigia, la parte isolana di Siracusa, che si riconduce la rinnovata produzione del papiro. Il Museo vuole dunque mantenere viva la cultura del papiro nel mondo e in Sicilia, e fungere da laboratorio per studi, divulgazione e conservazione della pianta e della carta. Al suo interno sono esposti tantissimi papiri di epoche diverse, tra cui alcuni di epoca faraonica.
Fu un archeologo di origine catanese a voler riprendere la coltivazione della pianta, della quale vi sono testimonianze in Sicilia già in epoca antica, provando a farla crescere nel siracusano. Siamo nel 1780 circa, e da lì in avanti il papiro ricomincia ad essere coltivato e lavorato nell’area, dando vita ad una vera e propria cultura locale. In particolare è alla Fonte Aretusa, che oggi corrisponde alla zona di Ortigia, la parte isolana di Siracusa, che si riconduce la rinnovata produzione del papiro. Il Museo vuole dunque mantenere viva la cultura del papiro nel mondo e in Sicilia, e fungere da laboratorio per studi, divulgazione e conservazione della pianta e della carta. Al suo interno sono esposti tantissimi papiri di epoche diverse, tra cui alcuni di epoca faraonica.