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Libia Costa. Il triangolo dÂ’oro della Tripolitania

Il triangolo d'oro della Tripolitania

I grandiosi scavi di Leptis Magna sono stati uno dei meriti maggiori dell'archeologia italiana fra le due guerre. Nell'ambito dell'impero romano Leptis costituisce tutt'oggi l'esempio in assoluto più significativo dell'esplorazione di una città.

Libia
courtesy of ©Cecilia Martino
Tripoli, ovvero tre città (tri-polis) – Oea, Leptis e Sabratha – le più importanti della Tripolitania. L’antica Oea (oggi, appunto, Tripoli) ha visto svilupparsi la città modrna esattamente nell’area occupata da quella vecchia (la Medina) conservando per questo motivo poche vestigia monumentali. Tra queste spicca l’arco di Marco Aurelio, interamente costruito in marmo, oggi uno degli ingressi nell’area della città vecchia. Alle sue spalle, il minareto e una entrata della moschea Gurgi (l’altra è sulla strada del Consolato inglese). Vale la pena bussare, cercare il guardiano che gentilemente fa strada, e osservare i ricchi particolari dell’interno, innanzi tutto le decorazioni delle pareti, floreali e stilizzate. A 70 Km da Tripoli si trova Sabrata, insediamento commerciale fenicio che fece parte con Leptis Magna e Oea dell’impero di Cartagine. Attraversando i quartieri residenziali, il foro, le basiliche, il tempio di Liber Pater, le terme a mare, si arriva alla parte più spettacolare di questo sito, il teatro, il monumento più importante di Sabrata, completamente ricostruito dagli archeologi italiani (guidi-Caputo). Lo sfondo è il mare e la scena, su tre piani, si staglia sul cielo: 108 colonne di marmo e granito, capitelli di fatture diverse, due grandi delfini in marmo ai lati del palcoscenico, delicati bassorilievi nelle nicchie semicircolari del pulpito. Infine, Leptis Magna, uno dei luoghi più grandiosi dell’Africa romana. Diversamente dagli altri siti archeologici qui si ha davvero forte la percezione estetica della maestosità degli ambienti, di cui si può più facilmente ricostruire a mente l’originario spelndore, date le dimensioni più estese delle rovine rimaste. Il periodo di maggior splendore di questa antica città romana (che fu in origine emporio fenico, poi insediamento punico legato a Cartagine), risale alla fine del II sec. d.C. quando l’africano Settimio Severo volle fare della sua città nativa un’altra Roma. E così fu. In onore dell’imperatore romano furono erette opere monumentali, di cui rimangono tracce inconfutabili, vestigia imponenti alcune in parte ricostruite. Tra queste il maestoso arco dei Severi, in calcare rivestito di marmo, riccamente decorato, che fungeva da ingresso monumentale alla città e celebrava la gloria militare, la pietà religiosa e la concordia familiare della dinastia regnante. Nella visita si passa dal foro vecchio al quartiere del teatro e del mercato, a quello delle terme di Adriano, fino all’imponente complesso severiano con la basilica giudiziaria e il nuovo foro sul quale svetta il tempio della famiglia imperiale: luoghi di una monumentalità marmorea spinta fino a eccessi barocchi. A sud-est domina il grande anfiteatro, un complesso che poteva contenere oltre 20.000 persone. Scrigno dimenticato, le terme dei cacciatori, presentano un ciclo di affreschi sulle cacce alle belve che si svolgevano nel circo rappresentati con efficace realismo e conservate in smaglianti colori.
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