Come si fa a ricreare una Londra post-apocalittica girando nei veri luoghi della City e senza il minimo supporto di effetti speciali digitali?
Bisogna chiederlo a Danny Boyle, regista di cult come Trainspotting e premio Oscar per The Millionaire. E’ stato lui a svuotare la capitale del Regno Unito nello splendido e terrificante 28 giorni dopo.
Le scene d'apertura del film sono ambientate in una Londra illuminata dai primi raggi di sole. Seguiamo Cillian Murphy, unico sopravvissuto a una mega-epidemia virale che ha trasformato gli abitanti della città in esseri rabbiosi affamati di carne umana. Mostri altamente contagiosi. Simili agli zombie, ma molto più veloci e molto più forti.
In quei primi minuti Boyle setta il tono del film e mira a un nuovo cult mentre segue il protagonista dal Westminster Bridge fino a Piccadilly Circus... con l’intero centro della città deserto. Ecco dunque che il cinema supera i propri limiti evitando la computer grafica.
Il segreto di Boyle? Girare alle 4.30 del mattino. E scegliere la stagione estiva come periodo di riprese. Quelle sequenze scioccanti di 28 giorni dopo sono state girate per quattro giorni a luglio. Alle prime luci prima dell’ora di punta.
Una brevissima frazione di tempo nella quale il comune di Londra ha concesso alla troupe di chiudere diverse strade del centro: trattandosi di una zona non residenziale (ci sono solo uffici), la vita non comincia in quell'area prima delle cinque del mattino.
“Cominciavamo a lavorare alle tre o quattro del mattino, aspettando le prime luci dell’alba – ha raccontato il produttore Andrew MacDonald – Avevamo solo un’ora di tempo per girare prima che la città si animasse e che diventasse impossibile contenere il traffico. E’ stata una cosa emozionante. D’un tratto eravamo sul Westminster Bridge e tutto era chiuso. Non sentivamo nulla. E’ stata un’emozione. Ma anche una cosa bizzarra”.
Boyle ha rivelato: “Camminare attorno a una Londra deserta è stata una cosa veramente grandiosa. Si trattava di un film ambizioso e il risultato finale sembra reale. Ci siamo riusciti anche grazie alle macchine da presa DV: se sai come usarle bene, allora puoi creare una sequenza elaborata e complessa invece che limitarti a una singola inquadratura”.
Il regista ha dichiarato: “Volevamo che la Gran Bretagna sembrasse una terra mitologica. Purtroppo si tratta di un posto abbastanza piccolo e quindi di paesaggi che vediamo ogni giorno in TV e al cinema. A quel punto abbiamo pensato fosse importante rendere quegli stessi paesaggi inediti. Presentarli al pubblico in maniera diversa. Un qualcosa che li avrebbe scioccati". Missione compiuta, considerato il fatto che dopo aver visto il film, ritrovarsi sul Westminster Bridge fa decisamente un altro effetto. E in quel momento è impossibile non pensare a 28 giorni dopo...
Uscito nel 2002, 28 giorni dopo è uno dei più efficaci horror degli ultimi vent'anni. Nel 2007 Boyle ha prodotto un sequel intitolato 28 settimane dopo: ancora una volta i paesaggi rubavano la scena agli attori, sebbene il film non sia mai all'altezza dell'originale.
Come si fa a ricreare una Londra post-apocalittica girando nei veri luoghi della City e senza il minimo supporto di effetti speciali digitali?
Bisogna chiederlo a Danny Boyle, regista di cult come Trainspotting e premio Oscar per The Millionaire. E’ stato lui a svuotare la capitale del Regno Unito nello splendido e terrificante 28 giorni dopo.
Le scene d'apertura del film sono ambientate in una Londra illuminata dai primi raggi di sole. Seguiamo Cillian Murphy, unico sopravvissuto a una mega-epidemia virale che ha trasformato gli abitanti della città in esseri rabbiosi affamati di carne umana. Mostri altamente contagiosi. Simili agli zombie, ma molto più veloci e molto più forti.
In quei primi minuti Boyle setta il tono del film e mira a un nuovo cult mentre segue il protagonista dal Westminster Bridge fino a Piccadilly Circus... con l’intero centro della città deserto. Ecco dunque che il cinema supera i propri limiti evitando la computer grafica.
Il segreto di Boyle? Girare alle 4.30 del mattino. E scegliere la stagione estiva come periodo di riprese. Quelle sequenze scioccanti di 28 giorni dopo sono state girate per quattro giorni a luglio. Alle prime luci prima dell’ora di punta.
Una brevissima frazione di tempo nella quale il comune di Londra ha concesso alla troupe di chiudere diverse strade del centro: trattandosi di una zona non residenziale (ci sono solo uffici), la vita non comincia in quell'area prima delle cinque del mattino.
“Cominciavamo a lavorare alle tre o quattro del mattino, aspettando le prime luci dell’alba – ha raccontato il produttore Andrew MacDonald – Avevamo solo un’ora di tempo per girare prima che la città si animasse e che diventasse impossibile contenere il traffico. E’ stata una cosa emozionante. D’un tratto eravamo sul Westminster Bridge e tutto era chiuso. Non sentivamo nulla. E’ stata un’emozione. Ma anche una cosa bizzarra”.
Boyle ha rivelato: “Camminare attorno a una Londra deserta è stata una cosa veramente grandiosa. Si trattava di un film ambizioso e il risultato finale sembra reale. Ci siamo riusciti anche grazie alle macchine da presa DV: se sai come usarle bene, allora puoi creare una sequenza elaborata e complessa invece che limitarti a una singola inquadratura”.
Il regista ha dichiarato: “Volevamo che la Gran Bretagna sembrasse una terra mitologica. Purtroppo si tratta di un posto abbastanza piccolo e quindi di paesaggi che vediamo ogni giorno in TV e al cinema. A quel punto abbiamo pensato fosse importante rendere quegli stessi paesaggi inediti. Presentarli al pubblico in maniera diversa. Un qualcosa che li avrebbe scioccati". Missione compiuta, considerato il fatto che dopo aver visto il film, ritrovarsi sul Westminster Bridge fa decisamente un altro effetto. E in quel momento è impossibile non pensare a 28 giorni dopo...
Uscito nel 2002, 28 giorni dopo è uno dei più efficaci horror degli ultimi vent'anni. Nel 2007 Boyle ha prodotto un sequel intitolato 28 settimane dopo: ancora una volta i paesaggi rubavano la scena agli attori, sebbene il film non sia mai all'altezza dell'originale.
Come si fa a ricreare una Londra post-apocalittica girando nei veri luoghi della City e senza il minimo supporto di effetti speciali digitali?
Bisogna chiederlo a Danny Boyle, regista di cult come Trainspotting e premio Oscar per The Millionaire. E’ stato lui a svuotare la capitale del Regno Unito nello splendido e terrificante 28 giorni dopo.
Le scene d'apertura del film sono ambientate in una Londra illuminata dai primi raggi di sole. Seguiamo Cillian Murphy, unico sopravvissuto a una mega-epidemia virale che ha trasformato gli abitanti della città in esseri rabbiosi affamati di carne umana. Mostri altamente contagiosi. Simili agli zombie, ma molto più veloci e molto più forti.
In quei primi minuti Boyle setta il tono del film e mira a un nuovo cult mentre segue il protagonista dal Westminster Bridge fino a Piccadilly Circus... con l’intero centro della città deserto. Ecco dunque che il cinema supera i propri limiti evitando la computer grafica.
Il segreto di Boyle? Girare alle 4.30 del mattino. E scegliere la stagione estiva come periodo di riprese. Quelle sequenze scioccanti di 28 giorni dopo sono state girate per quattro giorni a luglio. Alle prime luci prima dell’ora di punta.
Una brevissima frazione di tempo nella quale il comune di Londra ha concesso alla troupe di chiudere diverse strade del centro: trattandosi di una zona non residenziale (ci sono solo uffici), la vita non comincia in quell'area prima delle cinque del mattino.
“Cominciavamo a lavorare alle tre o quattro del mattino, aspettando le prime luci dell’alba – ha raccontato il produttore Andrew MacDonald – Avevamo solo un’ora di tempo per girare prima che la città si animasse e che diventasse impossibile contenere il traffico. E’ stata una cosa emozionante. D’un tratto eravamo sul Westminster Bridge e tutto era chiuso. Non sentivamo nulla. E’ stata un’emozione. Ma anche una cosa bizzarra”.
Boyle ha rivelato: “Camminare attorno a una Londra deserta è stata una cosa veramente grandiosa. Si trattava di un film ambizioso e il risultato finale sembra reale. Ci siamo riusciti anche grazie alle macchine da presa DV: se sai come usarle bene, allora puoi creare una sequenza elaborata e complessa invece che limitarti a una singola inquadratura”.
Il regista ha dichiarato: “Volevamo che la Gran Bretagna sembrasse una terra mitologica. Purtroppo si tratta di un posto abbastanza piccolo e quindi di paesaggi che vediamo ogni giorno in TV e al cinema. A quel punto abbiamo pensato fosse importante rendere quegli stessi paesaggi inediti. Presentarli al pubblico in maniera diversa. Un qualcosa che li avrebbe scioccati". Missione compiuta, considerato il fatto che dopo aver visto il film, ritrovarsi sul Westminster Bridge fa decisamente un altro effetto. E in quel momento è impossibile non pensare a 28 giorni dopo...
Uscito nel 2002, 28 giorni dopo è uno dei più efficaci horror degli ultimi vent'anni. Nel 2007 Boyle ha prodotto un sequel intitolato 28 settimane dopo: ancora una volta i paesaggi rubavano la scena agli attori, sebbene il film non sia mai all'altezza dell'originale.
Come si fa a ricreare una Londra post-apocalittica girando nei veri luoghi della City e senza il minimo supporto di effetti speciali digitali?
Bisogna chiederlo a Danny Boyle, regista di cult come Trainspotting e premio Oscar per The Millionaire. E’ stato lui a svuotare la capitale del Regno Unito nello splendido e terrificante 28 giorni dopo.
Le scene d'apertura del film sono ambientate in una Londra illuminata dai primi raggi di sole. Seguiamo Cillian Murphy, unico sopravvissuto a una mega-epidemia virale che ha trasformato gli abitanti della città in esseri rabbiosi affamati di carne umana. Mostri altamente contagiosi. Simili agli zombie, ma molto più veloci e molto più forti.
In quei primi minuti Boyle setta il tono del film e mira a un nuovo cult mentre segue il protagonista dal Westminster Bridge fino a Piccadilly Circus... con l’intero centro della città deserto. Ecco dunque che il cinema supera i propri limiti evitando la computer grafica.
Il segreto di Boyle? Girare alle 4.30 del mattino. E scegliere la stagione estiva come periodo di riprese. Quelle sequenze scioccanti di 28 giorni dopo sono state girate per quattro giorni a luglio. Alle prime luci prima dell’ora di punta.
Una brevissima frazione di tempo nella quale il comune di Londra ha concesso alla troupe di chiudere diverse strade del centro: trattandosi di una zona non residenziale (ci sono solo uffici), la vita non comincia in quell'area prima delle cinque del mattino.
“Cominciavamo a lavorare alle tre o quattro del mattino, aspettando le prime luci dell’alba – ha raccontato il produttore Andrew MacDonald – Avevamo solo un’ora di tempo per girare prima che la città si animasse e che diventasse impossibile contenere il traffico. E’ stata una cosa emozionante. D’un tratto eravamo sul Westminster Bridge e tutto era chiuso. Non sentivamo nulla. E’ stata un’emozione. Ma anche una cosa bizzarra”.
Boyle ha rivelato: “Camminare attorno a una Londra deserta è stata una cosa veramente grandiosa. Si trattava di un film ambizioso e il risultato finale sembra reale. Ci siamo riusciti anche grazie alle macchine da presa DV: se sai come usarle bene, allora puoi creare una sequenza elaborata e complessa invece che limitarti a una singola inquadratura”.
Il regista ha dichiarato: “Volevamo che la Gran Bretagna sembrasse una terra mitologica. Purtroppo si tratta di un posto abbastanza piccolo e quindi di paesaggi che vediamo ogni giorno in TV e al cinema. A quel punto abbiamo pensato fosse importante rendere quegli stessi paesaggi inediti. Presentarli al pubblico in maniera diversa. Un qualcosa che li avrebbe scioccati". Missione compiuta, considerato il fatto che dopo aver visto il film, ritrovarsi sul Westminster Bridge fa decisamente un altro effetto. E in quel momento è impossibile non pensare a 28 giorni dopo...
Uscito nel 2002, 28 giorni dopo è uno dei più efficaci horror degli ultimi vent'anni. Nel 2007 Boyle ha prodotto un sequel intitolato 28 settimane dopo: ancora una volta i paesaggi rubavano la scena agli attori, sebbene il film non sia mai all'altezza dell'originale.
Come si fa a ricreare una Londra post-apocalittica girando nei veri luoghi della City e senza il minimo supporto di effetti speciali digitali?
Bisogna chiederlo a Danny Boyle, regista di cult come Trainspotting e premio Oscar per The Millionaire. E’ stato lui a svuotare la capitale del Regno Unito nello splendido e terrificante 28 giorni dopo.
Le scene d'apertura del film sono ambientate in una Londra illuminata dai primi raggi di sole. Seguiamo Cillian Murphy, unico sopravvissuto a una mega-epidemia virale che ha trasformato gli abitanti della città in esseri rabbiosi affamati di carne umana. Mostri altamente contagiosi. Simili agli zombie, ma molto più veloci e molto più forti.
In quei primi minuti Boyle setta il tono del film e mira a un nuovo cult mentre segue il protagonista dal Westminster Bridge fino a Piccadilly Circus... con l’intero centro della città deserto. Ecco dunque che il cinema supera i propri limiti evitando la computer grafica.
Il segreto di Boyle? Girare alle 4.30 del mattino. E scegliere la stagione estiva come periodo di riprese. Quelle sequenze scioccanti di 28 giorni dopo sono state girate per quattro giorni a luglio. Alle prime luci prima dell’ora di punta.
Una brevissima frazione di tempo nella quale il comune di Londra ha concesso alla troupe di chiudere diverse strade del centro: trattandosi di una zona non residenziale (ci sono solo uffici), la vita non comincia in quell'area prima delle cinque del mattino.
“Cominciavamo a lavorare alle tre o quattro del mattino, aspettando le prime luci dell’alba – ha raccontato il produttore Andrew MacDonald – Avevamo solo un’ora di tempo per girare prima che la città si animasse e che diventasse impossibile contenere il traffico. E’ stata una cosa emozionante. D’un tratto eravamo sul Westminster Bridge e tutto era chiuso. Non sentivamo nulla. E’ stata un’emozione. Ma anche una cosa bizzarra”.
Boyle ha rivelato: “Camminare attorno a una Londra deserta è stata una cosa veramente grandiosa. Si trattava di un film ambizioso e il risultato finale sembra reale. Ci siamo riusciti anche grazie alle macchine da presa DV: se sai come usarle bene, allora puoi creare una sequenza elaborata e complessa invece che limitarti a una singola inquadratura”.
Il regista ha dichiarato: “Volevamo che la Gran Bretagna sembrasse una terra mitologica. Purtroppo si tratta di un posto abbastanza piccolo e quindi di paesaggi che vediamo ogni giorno in TV e al cinema. A quel punto abbiamo pensato fosse importante rendere quegli stessi paesaggi inediti. Presentarli al pubblico in maniera diversa. Un qualcosa che li avrebbe scioccati". Missione compiuta, considerato il fatto che dopo aver visto il film, ritrovarsi sul Westminster Bridge fa decisamente un altro effetto. E in quel momento è impossibile non pensare a 28 giorni dopo...
Uscito nel 2002, 28 giorni dopo è uno dei più efficaci horror degli ultimi vent'anni. Nel 2007 Boyle ha prodotto un sequel intitolato 28 settimane dopo: ancora una volta i paesaggi rubavano la scena agli attori, sebbene il film non sia mai all'altezza dell'originale.
Come si fa a ricreare una Londra post-apocalittica girando nei veri luoghi della City e senza il minimo supporto di effetti speciali digitali?
Bisogna chiederlo a Danny Boyle, regista di cult come Trainspotting e premio Oscar per The Millionaire. E’ stato lui a svuotare la capitale del Regno Unito nello splendido e terrificante 28 giorni dopo.
Le scene d'apertura del film sono ambientate in una Londra illuminata dai primi raggi di sole. Seguiamo Cillian Murphy, unico sopravvissuto a una mega-epidemia virale che ha trasformato gli abitanti della città in esseri rabbiosi affamati di carne umana. Mostri altamente contagiosi. Simili agli zombie, ma molto più veloci e molto più forti.
In quei primi minuti Boyle setta il tono del film e mira a un nuovo cult mentre segue il protagonista dal Westminster Bridge fino a Piccadilly Circus... con l’intero centro della città deserto. Ecco dunque che il cinema supera i propri limiti evitando la computer grafica.
Il segreto di Boyle? Girare alle 4.30 del mattino. E scegliere la stagione estiva come periodo di riprese. Quelle sequenze scioccanti di 28 giorni dopo sono state girate per quattro giorni a luglio. Alle prime luci prima dell’ora di punta.
Una brevissima frazione di tempo nella quale il comune di Londra ha concesso alla troupe di chiudere diverse strade del centro: trattandosi di una zona non residenziale (ci sono solo uffici), la vita non comincia in quell'area prima delle cinque del mattino.
“Cominciavamo a lavorare alle tre o quattro del mattino, aspettando le prime luci dell’alba – ha raccontato il produttore Andrew MacDonald – Avevamo solo un’ora di tempo per girare prima che la città si animasse e che diventasse impossibile contenere il traffico. E’ stata una cosa emozionante. D’un tratto eravamo sul Westminster Bridge e tutto era chiuso. Non sentivamo nulla. E’ stata un’emozione. Ma anche una cosa bizzarra”.
Boyle ha rivelato: “Camminare attorno a una Londra deserta è stata una cosa veramente grandiosa. Si trattava di un film ambizioso e il risultato finale sembra reale. Ci siamo riusciti anche grazie alle macchine da presa DV: se sai come usarle bene, allora puoi creare una sequenza elaborata e complessa invece che limitarti a una singola inquadratura”.
Il regista ha dichiarato: “Volevamo che la Gran Bretagna sembrasse una terra mitologica. Purtroppo si tratta di un posto abbastanza piccolo e quindi di paesaggi che vediamo ogni giorno in TV e al cinema. A quel punto abbiamo pensato fosse importante rendere quegli stessi paesaggi inediti. Presentarli al pubblico in maniera diversa. Un qualcosa che li avrebbe scioccati". Missione compiuta, considerato il fatto che dopo aver visto il film, ritrovarsi sul Westminster Bridge fa decisamente un altro effetto. E in quel momento è impossibile non pensare a 28 giorni dopo...
Uscito nel 2002, 28 giorni dopo è uno dei più efficaci horror degli ultimi vent'anni. Nel 2007 Boyle ha prodotto un sequel intitolato 28 settimane dopo: ancora una volta i paesaggi rubavano la scena agli attori, sebbene il film non sia mai all'altezza dell'originale.