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Venezia Ponte dei Pugni

Venezia, l'incredibile storia del Ponte dei Pugni

Perché uno dei ponti più celebri di Dorsoduro si chiama così?

Venezia Dorsoduro<br>
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Ponte dei pugni Venezia
I ponti a Venezia non sono semplicemente strutture architettoniche che permettono di attraversare i numerosi canali. Molti hanno un passato importante, tanti altri sono avvolti da leggende, altri ancora vantano un inestimabile valore artistico. Spesso, coniugano tutte queste qualità, in un mix di funzionalità, simbolismo, suggestione. Quello chiamato Ponte dei Pugni non ha un particolare valore estetico, o artistico, non è nemmeno tra i più grandi, ma la sua unicità risiede nell'incredibile storia.

Il Ponte dei Pugni si trova nel sestiere Dorsoduro, a due passi dalla Chiesa di San Barnaba e l’omonimo Campo. Lo si riconosce perché appena sotto il ponte sosta un fruttivendolo in barca, immagine iconica di questa zona. Come accennato, il ponte non è particolarmente ampio, e permette di attraversare Rio San Barnaba con pochi passi. Ma questi pochi metri hanno fatto da sfondo per secoli alle più grandi risse della storia di Venezia: sì, scontri e botte da orbi che nei secoli hanno cucito addosso al ponte il suo curioso nome. Proprio su questo ponte due fazioni rivali avevano il permesso ufficiale di fronteggiarsi.


Joseph Heintz il Giovane, Competizione al ponte dei pugni a Venezia, 1673

Insomma, si chiama Ponte dei Pugni perché qui ci si picchiava. Ma chi? Le fazioni rivali erano quella dei Castellani e dei Nicolotti. I Castellani abitavano nella zona est della Serenissima, e il loro nome fa riferimento alla Basilica di San Pietro in Castello. Erano principalmente operai. I Nicolotti invece appartenevano alla zona ovest della città, il loro nome fa riferimento alla Chiesa di San Nicolò dei Mendicoli, ed erano principalmente pescatori. La loro rivalità risale agli albori della Serenissima, ed è radicata in diversi episodi conflittuali avvenuti in epoche più o meno remote (alcuni ‘incidenti’ risalirebbero addirittura alle antiche lotte tra popolazioni della laguna veneta).  

Al governo della Serenissima faceva gioco mantenere la popolazione divisa, per minimizzare il rischio di sommosse popolari. Perciò, anche laddove non le sollecitava, certamente consentiva le maxi risse. Il tutto aveva l’apparenza ufficiale di un ‘gioco’: all’epoca il ponte non aveva ringhiere, e le fazioni puntavano a far cadere nel canale più persone possibili della banda rivale (in verità quello di Dorsoduro non è l’unico ponte che veniva utilizzato per la sfida, ma è divenuto il più celebre).



Il regolamento prevedeva la possibilità di combattere a mani nude, oppure armati di bastoni, canne, elmetti. La popolazione si radunava attorno al canale e si affacciava alle finestre delle case adiacenti per godersi lo spettacolo di centinaia di uomini intenti a malmenarsi, con tanto di musica di sottofondo. Parte dello ‘show’ a volte consisteva in duelli che precedevano la sfida collettiva: gli sfidanti dovevano posizionarsi in corrispondenza delle impronte in pietra d’Istria ancora oggi visibili sul ponte.

Un espediente ‘ludico’ per esorcizzare una rivalità profonda, che tuttavia ebbe necessità di essere ridimensionato: in diverse occasioni infatti le armi provocarono troppi morti e feriti, in particolare a causa di accoltellamenti e sassaiole. Il rituale sfociava spesso in tumulti, ed è per questo che nel XIX secolo si istituì un altro ‘gioco’ meno pericoloso, chiamato Forze d’Ercole, nel quale le fazioni dovevano comunque dimostrare la loro forza, ma senza picchiarsi, formando invece una piramide umana.
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