La notizia di poche settimane fa riguardo l’incendio di vaste proporzioni scoppiato sul versante nord del monte Tifata, nella piccola frazione di Sant'Angelo in Formis, a Capua, ha attirato l’attenzione su uno dei capolavori architettonici della Campania, poiché le fiamme si sono sviluppate a poca distanza dalla Basilica benedettina. Si tratta infatti di una delle più significative espressioni di architettura romanica, che racchiude un importante ciclo di affreschi di scuola bizantino campana.
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Edificata nel X secolo sui ruderi del tempio dedicato a Diana Tifatina di cui stati reimpiegati, nella ricostruzione della basilica del 1072, capitelli corinzi, colonne e il pavimento, la Basilica si presenta con una bella facciata preceduta da un ampio porticato a 5 arcate: quelle laterali sono ogivali e la centrale, più alta, con un arco a tutto sesto. Si nota il campanile con il suo basamento in blocchi di pietra e un fregio con decorazioni e bifore al secondo livello. Interessante è constatare come la chiesa sarebbe caduta nell'anonimato, come tutto Sant' Angelo in Formis, se nove secoli fa non fosse stata arricchita su tutte le pareti interne di un ciclo di affreschi che ben evidenzia lo splendore dell'arte bizantino-campano-cassinese. Gli affreschi si sviluppavano secondo un programma meditato e coerente e coprivano tutte le pareti; su quelle laterali figuravano episodi del Vecchio Testamento disposti su due registri sovrapposti, suddivisi in riquadri separati da alberi flessuosi, mentre su quelle centrali con episodi del Nuovo Testamento come miracoli, parabole, passione e risurrezione di Gesù, disposti su tre registri sovrapposti e suddivisi in riquadri distinti da colonnine di varia forma.
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Parte del ciclo pittorico è andato perduto, ma quello che rimane e che si può ammirare ancora oggi racconta ampiamente il linguaggio dell'arte romanica nel meridione d'Italia. Non ancora risolta è la questione degli artisti: provenienza, formazione e modelli. C’è chi sostiene che nessuno abbia avuto una forte personalità, ma che fossero comunque buoni conoscitori dell'arte, della tecnica e della spiritualità bizantina. C’è chi, invece, individuando mani di diversi pittori, sostiene che i maestri operarono con numerosi aiuti, dividendosi le varie scene. Tutti gli studiosi sono però unanimi ad affermare che il ciclo di Sant'Angelo in Formis può presentarsi come il punto di partenza della pittura romanica nel meridione pur conservando due caratteristiche del Bizantinismo tradizionale: la non compenetrazione dei soggetti nella stessa scena e la non profondità della prospettiva.
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