Chi la conosce come uno dei più importanti porti italiani, chi come sede dell’Accademia navale della Marina Militare nonché della Brigata paracadutisti Folgore dell’Esercito Italiano, chi come la città più moderna della regione o anche la piccola Venezia della Toscana: Livorno da sempre è una località che attrae per mille ragioni, non in ultimo per i tesori artistici, storici ed architettonici che custodisce. Uno dei suoi monumenti simbolo è il gruppo scultoreo dei Quattro Mori, che si innalza in Piazza Micheli. Si trova davanti alla piccola darsena che il Granduca Fedrinando I de’ Medici fece scavare per ampliare il porto, sul finire del Cinquecento.
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La storia di quest’opera nasconde diverse curiosità, in primis quella che molti la ritengono da intitolare a Ferdinando I, la cui figura svetta imponente al centro, invece che ai Quattro Mori, come è universalmente conosciuta grazie alla quattro vigorose figure in bronzo dei mori incatenati al piedistallo. In origine il monumento fu commissionato per celebrare le gesta dei Cavalieri di Santo Stefano, fondati 1561 da Cosimo I per combattere i pirati che infestavano il Tirreno.
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La statua, in marmo di Carrara, è opera dello scultore Giovanni Bandini: fu scolpita tra 1595 e il 1599 come monumento che rappresentasse la grandezza del Granduca di fronte al mare e mostrasse Livorno come una città sicura e libera dalla pirateria. L’uniforme è quella di Gran Maestro dei Cavalieri di Santo Stefano con l’armatura, il manto dove sul lembo esterno lo scultore ha apposto la sua firma, e la croce sul petto, simbolo dell’Ordine. La gamba sinistra è proiettata in avanti, in una posa che contribuisce ad alleggerire la figura, mentre la mano sinistra poggia sul fianco vicino all’elsa della spada e la destra impugna un oggetto di forma cilindrica che alcuni ritengono essere il bastone di comando, altri il cartiglio arrotolato delle Leggi Livornine con cui Ferdinando fondò la città.
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Ai suoi piedi si trovano i quattro possenti bronzi incatenati, opera di Pietro Tacca, aggiunti in un secondo tempo. Lo scultore, assistente del Giambologna per l’erezione del Monumento a Enrico IV a Parigi, poi distrutto durante la Rivoluzione, ne riprese il motivo e le cronache del tempo affermano che si fosse recato di persona alle prigioni di Livorno per fare studi anatomici sui corpi degli schiavi. Leggenda vuole anche che il primo dei Mori a sinistra sia Morgiano, un prigioniero che Pietro Tacca conobbe e ritrasse nel Bagno livornese. I quattro uomini emanano forti suggestioni, caratterizzati come sono dalla naturalezza realistica delle forme, dalla plasticità, dalla tormentata torsione dei corpi e dalla perfezione anatomica: sono infatti rappresentati nudi, coperti solo da un drappo, con il cranio rasato e un ciuffetto di capelli in cima alla testa, acconciatura tipica degli schiavi. Dietro la schiena, le mani sono incatenate e su ogni bracciale è incisa la firma dello scultore. Le catene partono dai quattro angoli del basamento per finire ai piedi del Granduca in maschere simili a grossi crostacei tipiche della scultura del Tacca. Una credenza popolare afferma che la particolare visione da un punto preciso della piazza dove è possibile vedere il naso di tutti e quattro i Mori contemporaneamente porti fortuna.
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