All’interno del suo centro storico conserva antiche strutture abitative e di lavoro che sono diventate un museo grazie all’itinerario etno-antropologico che porta i visitatori a scoprire i luoghi del lavoro contadino grazie ad un progetto di recupero iniziato nel 1988, quando alcuni giovani del posto hanno avuto questa brillante iniziativa per preservare le radici del territorio. Il percorso comprende il Centro di documentazione della vita popolare iblea, i laboratori didattici e nove unità museali in cui sono riprodotti gli ambienti dell’epoca con arredi, attrezzi ed abiti originali.

Scorcio di Buscemi / ©iStockphoto
Itinerario alla scoperta dui luoghi del lavoro contadino
Ecco dunque sfilare, una dopo l’altra, meraviglie come la casa del massaro, il palmento dove avveniva la pigiatura dell’uva, la bottega del fabbro, la casa del bracciante, la bottega del falegname, la bottega del calderaio, il frantoio (dove Gabriele Lavia ha ambientato le scende del film La Lupa), la bottega del calzolaio e del conciabrocche e il mulino ad acqua Santa Lucia, che si trova nella Valle dei Mulini nel territorio di Palazzolo Acreide, che dista pochi chilometri. Il museo è una struttura privata, cresciuta con attività di volontariato, che intende riproporre la cultura popolare buscemese con finalità didattiche e di sviluppo sociale. La “putia ro firraru" è collocata in una grotta artificiale dove si trova l'anziano fabbro e i suoi attrezzi tipici come forgia, incudine, attrezzi per modellare.
La "casa ro massaru” è la tipica abitazione del piccolo possidente della zona, espressione del ceto medio del mondo contadino della Sicilia orientale. L'interno comprende quattro vani: l'ingresso, la cucina dove è conservato un focolare in pietra (la tannura), la stanza della tessitura (stanza ro tilaru) dove è possibile assistere al ciclo di lavorazione al telaio e la camera da letto con il grande letto matrimoniale e una particolarissima culla appesa al soffitto (la naca), gli abiti ed il corredo portato in dote dalla sposa.
Nel quartiere più suggestivo di Buscemi si trova la casa del bracciante, "ro iurnataru", dove in un locale di pochi metri quadrati vivevano fino a sei persone, mentre la ”putia ro falignami” riguarda l’ambiente che contiene i tradizionali attrezzi di lavoro del falegname.

Il Palmento per la pigiatura dell'uva / ©Di Scorpios90 - Opera propria, CC BY-SA 3.0, Wikimiedia
Oltre a queste straordinarie testimonianze della vita iblea Buscemi custodisce anche diversi tesori del barocco siciliano, tra cui la Chiesa Madre che si innalza al termine del corso principale, Corso Vittorio Emanuele, ed è preceduta da una scenografica scalinata. Dedicata alla Natività della Vergine raffigurata sulla tela di autore ignoto che campeggia al centro del monumentale altare maggiore, la chiesa si presenta con una tra le più belle ed armoniose facciate del territorio, sviluppata su tre ordini di cui l’ultimo ha anche la funzione di cella campanaria sormontata da una croce con raggiera in ferro ed arricchita da diversi festoni di fiori e frutti e fregi filiformi che ne segnano il passaggio tra un ordine e l’altro. Sopra la grande finestra centrale si nota uno scudo scolpito con l’immagine di Maria in fasce. Neanche l’interno lascia delusi, con monumentali colonne in pietra a sorreggere imponenti capitelli in stile composito. Ai lati delle navate i settecenteschi altari in pietra intagliati e decorati nelle forme barocche e diverse opere d’arte.

Chiesa Madre / ©iStockphoto
Particolarmente interessanti anche l’ex chiesa di San Giacomo a pianta ellittica e dalla facciata convessa, oggi comprendente l’attuale aula consiliare, la biblioteca e i locali che ospitano gli uffici del Comune, e quella dedicata a Sant’Antonio da Padova, ornata all’interno da decorazioni barocche che una volta erano in oro zecchino.
Il Castello Requisenz
Affascinanti sono anche i ruderi del castello Requisenz, l’antico baluardo del centro abitato, che accolgono il visitatore all’ingresso meridionale del paese. Situato in posizione elevata, su una collinetta, garantiva nel Trecento il controllo del territorio circostante. Dopo il terremoto del 1693 il castello venne trasformato in un convento di Capuccini, abbandonato nel corso del secolo XIX e destinato per un breve periodo a cimitero.
L’impianto originario aveva probabilmente pianta poligonale ed era munito di torri: oggi, i ruderi visibile di pietra bianca locale sono immersi in un’incolta vegetazione ma si può scorgere il concio di chiave di un portale in cui è scolpito lo scudo araldico del casato Ventimiglia – Requisenz. I dintorni di Buscemi sono ideale per chi è appassionato di archeologia: sul Monte Casale di trova il sito dell’antica Kasmene la colonia greca fondata nel 644 a.C. dai siracusani, dove si possono ammirare i resti del tempio, di abitazioni e la necropoli.
Altri siti archeologici sono presenti anche sui Monti Pavone, risalenti all’Età del Ferro, e sul Monte San Nicolò, di epoca tardo romana.

Chiesa di Sant'Antonio da Padova / ©iStockphoto
Buscemi, tra leggenda e religione
L’ultima domenica di agosto la città si veste a festa per le celebrazioni della Maria Santissima del Bosco, patrona della città dal 1919. La devozione alla Madonna del Bosco è legata ad una leggenda che racconta del ritrovamento di un dipinto raffigurante la Vergine che tiene il Bambin Gesù sul ginocchi destro mentre sulla mano sinistra il globo. Furono due misteriosi frati a ritrovare quella immagine, presentandosi un giorno in paese per chiedere degli attrezzi in quanto volevano aprire un varco nel bosco per scovare qualcosa di straordinario. E infatti, nel luogo del miracoloso ritrovamento del quadro, fecero sgorgare l’acqua per consentire agli abitanti di costruire un santuario, distrutto però dal terremoto del 1693. Solo l’affresco rimase intatto, e fu cosi che l’edificio venne ricostruito proclamando la Santa Vergine patrona della città con il nome di Madonna del Bosco. Ancora oggi è meta di pellegrinaggio soprattutto durante le celebrazioni, quando i fedeli partono dalle proprie abitazioni per recarsi a pregare la Madonna sul posto.