E’ noto che Federico II di Svevia abbia edificato i suoi numerosi e famosi castelli esclusivamente nel Meridione, soprattutto in Puglia. Ecco, dunque, che appare alquanto strano che anche a Prato, all’epoca feudo ghibellino, compaia un’imponente costruzione a cui viene attribuita l’importanza di essere il castello di Federico più a nord d’Italia. La città toscana, che si trova a circa 10 chilometri da Firenze, si adagia in quella pianura alluvionale in cui, anticamente, sorsero città romane altomedievali particolarmente importanti accomunate dal fatto che, per andare nelle terre franco-germaniche, erano percorse dalla Via Flaminia, unica strada possibile per i grandi eserciti e le corti itineranti.
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Costruito tra il 1237 e il 1247 dall’architetto siciliano Riccardo da Lentini, il Castello dell’Imperatore, conosciuto anche come Fortezza di Santa Barbara oltre che come Castello Svevo, è la più importante testimonianza architettonica medievale di Prato. L’edificio, a pianta quadrata, si presenta con quattro torri agli angoli e altre quattro, di cui due disposte a sperone e due ereditate da una precedente fortificazione donata dall’imperatore da una famiglia ghibellina pratese, al centro di ogni lato della cinta muraria. Caratteristici sono i merli ghibellini a coda di rondine che coronano le mura e le torri. Il risultato geometrico della pianta del castello, a causa della presenza delle torri preesistenti inglobate nella fortezza, non è perfetto come gli altri manieri svevi dell’Italia meridionale, ma rimane sempre il simbolismo dell’ottagono essendo comunque otto le torri presenti.
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L’ingresso principale è un portale con arco sestiacuto impreziosito con elementi decorativi dicromi ottenuti con fasce di marmo bianche e verdi alternate e da due leoni scolpiti ai lati della porta. L’interno è vuoto, senza traccia degli incompiuti edifici originali progettati per svilupparsi su due piani, che fu comunque riempito da strutture provvisorie: il progetto non venne realizzato nella sua interezza a causa della morte di Federico II e del declino della politica imperiale in Toscana. Fino ai restauri del 1975 l’interno era occupato da costruzioni moderne essendo stato il castello per lungo tempo adibito a carcere. Nell'uso dei materiali, come il calcare alberese con toni che variano dal bianco al grigio e il serpentino o verde di Prato, è stato adottato un voluto richiamo alla tipica bicromia toscana romano-gotica, in uso anche negli edifici ecclesiastici.
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