Forse non si inserisce pienamente nell’atmosfera festiva, ma c’è un museo nella pittoresca San Gimignano che presenta un aspetto dell’essere umano davvero macabro: la volontà e la capacità di infliggere dolore ad un'altra persona. Il Museo della Tortura e della Pena di Morte vanta infatti una macabra collezione di strumenti impiegati in epoche passate per causare sofferenza fisica e psicologica (ma soprattutto fisica).
Un vero viaggio nella crudeltà umana, di forte valenza storica. Gli strumenti hanno un forte impatto sui visitatori, perché bastano da soli a rendere chiari gli esiti del loro utilizzo. Si tratta di circa 100 macchinari pensati e costruiti per torturare e uccidere, impiegati principalmente nel periodo della Santa Inquisizione. Molti sono ricostruiti, ma la raccolta comprende anche pezzi d’eccezionale rarità, risalenti al XVI, XVII e XVIII secolo. Alcune delle ricostruzioni sono otto/novecentesche, e si rifanno ad originali antichi e introvabili. Tra i più conosciuti la ‘Vergine di Norimberga’, il tragico sarcofago con all’interno punte che trafiggevano chi vi veniva rinchiuso. Banchi per stiramenti e strumenti per scorticare, gabbie, sedie inquisitorie – composte di pezzi di ferro acuminati. Ma anche ghigliottine, e cinture di castità. A proposito di quest’ultima, esistono diverse mistificazioni, ma spesso la cintura veniva indossata dalle donne per proteggersi da eventuali stupri piuttosto che per garantire la fedeltà.
La singolare esposizione illustra quanto la fantasia e l’ingegno umani fossero raffinati nel cercare sistemi per infliggere le sofferenze più atroci. E non si tratta purtroppo di un passato così remoto. Anche le tecniche di tortura si sono evolute, basti pensare all’uso delle scariche elettriche o alla somministrazione forzata di psicofarmaci. Lo spettatore esce probabilmente scosso da tanta crudeltà, ma, auspicabilmente, consapevole dell’importanza del rispetto della diversità, della libertà di culto, di opinione politica. Una mostra che, pur rimanendo circoscritta ad un momento storico preciso, diventa di attualità. La finalità della mostra è infatti un esercizio della memoria, perché rimanga chiaro e imperituro il concetto che la coercizione, di qualunque intensità sia, non è mai giustificabile, per nessun fine.
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