Pisa è una città che merita sicuramente una visita più approfondita della fugace sosta a Piazza dei Miracoli, poiché in essa sono custodite alcune meraviglie artistiche che la rendono a buon diritto una delle più belle città d’arte italiane. Non solo la Torre Pendente, il Duomo di Santa Maria Assunta e il Battistero, dunque, ma anche i Lungarni, i palazzi, i ponti, le torri e le chiese che arricchiscono le piazze e le strade del centro, per non parlare dei tanti musei. Il Camposanto, che ospita un bellissimo cimitero monumentale ricco di affreschi e sarcofaghi, è una della attrazioni della Piazza del Duomo ma non sempre viene preso in considerazione per una sosta.
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All'interno dei corridoi porticati sono conservati numerosi sarcofagi romani, mentre nel pavimento sono sepolti nobili pisani. Il ciclo di opere pittoriche che lo abbelliscono venne iniziato verso il 1333 da Francesco Traini, proseguito per tutto il Trecento da Buonamico Buffalmacco, Taddeo Gaddi, Andrea Buonaiuti, Antonio Veneziano, Spinello Aretino e Piero di Puccio, e terminato da Benozzo Gozzoli negli ultimi decenni del Quattrocento. Pur danneggiato da un bombardamento del 1944, fortunatamente conserva ancora all'interno diversi affreschi, tra cui quello del cosiddetto "Maestro del Trionfo della Morte", identificato dalla critica con Buonamico Buffalmacco. Particolarmente interessante in quanto rappresentazione che affianca sacro e profano, elementi raffinati e grotteschi, tragico e comico secondo il modello della Commedia Dantesca, l’affresco si carica di valenze simboliche. Sulla parte destra viene immortalato un contesto cortese in cui delle donne agghindate si divertono conversando, ascoltando musica e accarezzando un cane; sulla sinistra si ammira l’incontro tra tre vivi e tre morti con la presenza di demoni, spiritelli e figure mostruose. Si tratta di tre cavalieri che vivono la loro esistenza senza probelmi fino a quando si trovano davanti tre cadaveri nelle loro bare, ciascuno in uno stadio diverso della morte, avvolti da serpenti.
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Ogni particolare è carico di espressività, con gli spiriti che sembrano trovare un preciso riferimento stilistico nei numerosi genietti scolpiti che popolano i sarcofagi antichi. Sotto la Morte si possono notare, gli uni sopra gli altri, pontefici, imperatori, regine, principi, poveri, servi e villani, che simboleggiano quanto tutta l’umanità sia coinvolta nello stesso destino: è su questo mucchio di persone che si dirigono i diavoli desiderosi di strapparne le anime. Chi appare quasi indifferente al tema della morte sono i quattro monaci introno ad una chiesetta che si vedono in alto a sinistra, arrampicati su balze rupestri, intenti ad opere di vita attiva e contemplativa. Sfortunatamente il colore dell’opera ha perso la sua incisività a causa di una diffusa polverizzazione durante il corso dei secoli, ma lo stile è molto personale e non trova confronti immediati nel quadro della pittura della prima metà del Trecento: con la sua interpretazione dello spazio libera e disorganica, infatti, Buffalmacco si contrappone alla scuola giottesca contemporanea, allora prevalente nel mondo della pittura.
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