Non in molti si immaginano di trovare ad Isernia, per l’esattezza in località La Pineta, una delle più complete testimonianze della storia del popolamento umano dell’Europa: si tratta, infatti, di un giacimento paleolitico con una gran quantità di reperti la cui importanza è stata riconosciuta anche dall’Unesco, che gli ha assegnato il prestigioso scudo blu a garanzia di protezione internazionale in caso di conflitti armati e catastrofi naturali. Fa parte del Museo del Paleolitico una serie di suoli antichissimi sovrapposti che sono venuti alla luce a partire dal 1979 per caso, durante gli sbancamenti per la costruzione di una bretella della superstrada Napoli- Vasto.
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Il ritrovamento, ad opera del Signor Alberto Solinas, ha messo in luce eccezionali testimonianze risalenti a circa 730 mila anni fa che forniscono importanti informazioni per la ricostruzione del modo di vita dell’Homo Erectus nonché del paleoambiente floristico e faunistico in cui viveva. Sono stati individuati tre distinti suoli di abitato, caratterizzati da decine di migliaia di reperti grazie ai quali oggi possiamo conoscere le modalità di produzione degli strumenti litici, le attività di caccia e di macellazione degli animali, l’organizzazione degli spazi abitativi e le strategie di sussistenza. Si tratta infatti di un habaitat palustre ai margini di un corso d’acqua dove i cacciatori del Paleolitico inferiore macellavano elefanti, bisonti, ippopotami, diversi tipi di cervidi, orsi, leoni, rinoceronti, uccelli acquatici ed altri animali.
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La realizzazione degli interventi di esplorazione è stata possibile grazie alla costruzione ed inaugurazione, nel 1999, di un padiglione degli scavi, di circa 700 mq, a copertura dell'area da esplorare ed attrezzato con le più moderne strumentazioni fisse per la documentazione e il rilievo, nel quale operano ricercatori di tutto il mondo esperti in diverse discipline tra cui geologia, geomorfologia, pedologia, paleontologia, palinologia, cronologia, paleontologia umana, antropologia e paletnologia. Tutto quello che si è scoperto attesta l'adozione ben consolidata da parte del gruppo umano che ha abitato il bacino di Isernia di precise strategie comportamentali mirate a sfruttare al meglio il territorio e le risorse disponibili per la propria sopravvivenza. Nell’area di scavo è stato ritrovato anche un dente da latte di un bambino risalente a 586 mila anni fa della grandezza di circa 7 millimetri: ad oggi è il reperto di bambino più antico d’Italia ed è un ulteriore testimonianza del passaggio dell’uomo in questa zona.
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