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La Reale Tenuta di Carditello tornerà a splendere?

La ‘Reale Delizia’ settecentesca che strappata alla Camorra e tornata ad essere bene dello stato, dopo anni di saccheggi ed incuria

Reggia di Carditello<br>
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Reale tenuta di Carditello 2010 - immagine di Gennaro Mirra
E’ una triste storia che, forse, è giunta al lieto fine. Racconta dell’iperbole artistica a e culturale italiana, del passato illustrissimo che finisce vittima di incuria e abbandono, e oggi, grazie all’impegno di alcuni cittadini e di qualche politico illuminato, sembra trovare un appiglio per risorgere dalle sue ceneri. La Reale Tenuta di Carditello è uno dei siti borbonici costruiti in Campania (tra cui il Palazzo Reale di Napoli, la Reggia di Capodimonte, la Reggia di Caserta), tra i più ricchi di opere d’arte e culturalmente di rilievo del Settecento, che per decenni, è sprofondata in uno stato di totale abbandono.

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Dall’Unità d’Italia in poi nessuno si è più curato di un patrimonio del valore inestimabile come la tenuta che si trova a San Tammaro, provincia di Caserta, lasciandola tra le grinfie della Camorra che ha cannibalizzato quel poco che i nazisti le avevano lasciato. Un passato complicato sì, che pone su molti piani la storia Italiana e la rilegge in chiave negativa, fatta di incuria e tragico abbandono. Oggi si potrebbe essere giunti alla fine di questo selvaggio trattamento della Reale Tenuta: dopo anni di lotta di alcuni cittadini illuminati, grazie all’ex ministro Massimo Bray lo Stato è diventato proprietario del sito e il Ministero per i Beni Culturali si sta occupando di istituire la Fondazione che si occuperà del restauro degli edifici e della bonifica del luogo.

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Ma facciamo un salto indietro nel tempo per capire come si è arrivati a questo scempio. Anche nota come Real sito di Carditello o più semplicemente Reggia di Carditello, la tenuta faceva parte di un progetto di imprenditoria illuminata della famiglia Borbone, che non si limitava a costruire fastose palazzine per il proprio sollazzo ma le concepiva perché diventassero aziende produttive. Agli inizi del ‘700 Carditello fu adibita da Carlo di Borbone a palazzina di caccia e preposta all’allevamento dei cavalli, mentre successivamente Fedinando IV la rese una dinamica e moderna azienda agricola dove si coltivava grano e si allevavano bovini ed equini. Il sito era animato da diverse persone che vi lavoravano, non solo dai membri della famiglia nobiliare, ed era considerato ‘Reale Delizia’ perché il re e la sua corte vi soggiornavano con particolare piacere.

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Questa Reale Delizia fu parte del bottino di Vittorio Emanuele II quando avvenne l’Unità d’Italia. I Savoia, già ricchi delle loro vaste tenute, se ne disinteressarono affidandola ad un capo della camorra locale. Da allora in avanti i passaggi di proprietà legittimi e illegittimi annoverano il demanio, l’Opera Nazionale Combattenti, i Nazisti (che ne saccheggiarono opere d’arte, mobili, stucchi, addirittura i caminetti), vari consorzi locali, il Banco di Napoli, mille enti regionali, decine di aste bandite ma senza acquirenti. Un carrozzone all’italiana che si avvicendava e di anno in anno lasciava la tenuta in mano alla criminalità organizzata: è la Camorra ad allungare le sue grinfie e dare il colpo di grazia alla Reale Tenuta, portandosi via non solo gli ultimi pezzi importanti (incluse colonne, marmi, scalinate) ma cominciando ad utilizzare il territorio circostante per seppellire i rifiuti, tossici e non. Difficile strappare un territorio dalle mani dei clan, e di fatti chi ci ha provato negli anni, come Tommaso Cestrone, ha ricevuto minacce e intimidazioni (bestiame ucciso, incendi, danneggiamenti). Ma la passione civile di un cittadino che ha continuato a perseverare nonostante gli abusi alla fine ha ripagato: venuto a conoscenza della situazione, Massimo Bray firmò lo scorso anno il contratto che rese il Ministero dei Beni Culturali proprietario della meraviglia borbonica. Sono passati 10 mesi dall’atto, e la burocrazia non ha ancora reso possibile l’intervento materiale: ad oggi si sa che sta nascendo il vertice operativo che darà vita alla Fondazione preposta al recupero e al restauro del sito. Un sospiro di sollievo per la Reale Delizia è stato tirato, speriamo di non ritrovarci tra qualche anno a scrivere di un ennesimo fallimento.  
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