Mantova, capitale italiana della cultura 2016, ha tantissime ragioni per essere visitata, molte delle quali si legano ai fasti Rinascimentali, ma altre vanno ancora più indietro nel tempo, mescolando storia e leggenda. Nella storia della Basilica di Sant’Andrea, la più grande chiesa di Mantova, si intersecano per esempio lo splendore dell’architettura rinascimentale e le rigide regole di Leon Battista Alberti con la leggenda di san Longino e alcune delle reliquie religiose più importanti del mondo, quelle del sangue di Cristo.
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Che sia per fede o per il fascino del mistero, le reliquie attirano molti visitatori, ormai da secoli, e la loro storia si accavalla con l’edificazione, epoca dopo epoca, di quella che oggi è la basilica principale mantovana. L’origine della leggenda si trova nel gesto di quel centurione romano, Longino, che avrebbe trafitto con la sua lancia il costato di Gesù in croce per verificarne la morte, immagine iconica della cristianità. Dalla ferita sarebbero fuoriusciti sangue e acqua, e gli schizzi di questo liquido avrebbero guarito il centurione da un grave problema alla vista: ecco che egli si ‘illuminò’, comprese di essere dinnanzi al figlio di Dio, e decise di raccogliere le gocce di sangue che impregnavano il terreno. Una versione della saga di colui che poi divenne martire e santo racconta che, nascondendo le ampolle contenenti la terra insanguinata (da una diventano due ad un certo punto non ben definito della narrazione) Longino si recò in Italia. Approdò a Mantova, e nascose le ampolle in un baule che sotterrò per proteggerle dai nemici della cristianità, nel punto in cui oggi sorge la Basilica.
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Il ritrovamento delle reliquie avvenne nell’804 d.c. (si dice che Carlo Magno, venuto a conoscenza del prezioso reperto, si recò a Mantova per cercarlo, e, dopo aver trovato le ampolle, chiese al papa Leone III di autenticarle; altra versione è il ritrovamento casuale della cassa che le conteneva), e in quel punto venne costruito un edificio preromanico, divenuto monastero benedettino intorno all’anno 1000, la cui testimonianza è evidente nel campanile gotico. Ma fu nel 1472 che sull’edificio si avviò l’opera di restauro più importante, affidata da Ludovico III Gonzaga, signore di Mantova, a Leon Battista Alberti, uno dei più importanti architetti dell’epoca (ma anche scultore, pittore, poeta, filosofo, erudito). Alberti morì prima che l’opera fosse terminata, e, dopo anni di lavori e interruzioni, venne completata sul finire del 1400 da Luca Fancelli. La cupola che la sovrasta, alta 80 metri, è invece settecentesca ed è opera di Filippo Juvarra.
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La Basilica rispecchia la volontà di Leon Battista Alberti di mescolare l’antico con il moderno, principio che si ritrova in diversi elementi architettonici, primo fra tutti l’imponente facciata che evoca un arco trionfale romano. Al suo interno, oltre ai fasti architettonici rinascimentali, si trovano un ricchissimo arredo pittorico, con opere di Andrea Mantegna e dei suoi allievi Correggio e Giulio Romano (del maestro qui è collocata anche la tomba), ma soprattutto la cripta del XVI secolo custode dei due Sacri Vasi, i calici dorati contenenti le reliquie – quelli in esposizione al piano superiore sono copie.