Terra di minuscoli ed affascinanti borghi arroccati e di suggestive cittadine ricche di testimonianze architettoniche, artistiche e culturali, la Basilicata è spesso ignorata dai grandi circuiti di massa. Eppure custodisce tesori rari e preziosi che vale la pena scoprire. Come la città di Melfi, dove si sono avvicendati, tra gli altri, Normanni, Bizantini, Longobardi, Svevi ed Aragonesi. A caratterizzarla è indubbiamente il Castello, che appare come la tipica fortezza feudale, tra i più noti e rappresentativi di tutto il meridione. All’ombra dei bastioni della fortezza si adagia il centro storico, tra vicoli e stradine che svelano altri tesori come la Cattedrale di Santa Maria Assunta.
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A circa un chilometro da Melfi si trova un’altro monumento altrettanto prezioso, posto in prossimità dell’attuale cimitero cittadino. Si tratta di Santa Margherita, una chiesa rupestre scavata nel tufo vulcanico, risalente al X secolo. La creazione di questo complesso è da attribuirsi ai monaci basiliani che si stabilirono nella zona all’inizio della dominazione bizantina nell'Italia Meridionale. La decorazione parietale è un caso quasi unico nella zona, poiché è realizzata stendendo una base preparatoria di intonaco ed eseguita in fasi e da mani diverse, abbracciando un'arco temporale compreso tra gli ultimi decenni del XIII secolo e la prima metà del secolo successivo. La chiesa è a navata unica centrale, coperta da crociere a sesto acuto, con quattro cappelle laterali, coperte invece da volte a botte. L'abside e la prima cappella a sinistra sono fornite di altare, sopraelevato rispetto al piano della cripta e formato da un semplice dado di roccia aderente alla parete; due sedili di pietra corrono lungo tutto il lato perimetrale delle due cappelle più lontane dall’ingresso.
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Ciò che la rende speciale è proprio la presenza dei numerosi affreschi che ne ricoprono le pareti interne, molti dei quali hanno uno stile bizantino e altri, invece, un’impronta marcatamente occidentale. In quest’ultimo gruppo spicca “Il Contrasto dei vivi e dei morti”, conosciuto anche come “Il Trionfo della Morte”, nel quale alcuni studiosi vedono raffigurati l'imperatore Federico II di Svevia, la moglie Isabella d'Inghilterra ed il figlio legittimo Corrado IV: rappresenta due scheletri con dei vermi all’altezza dello stomaco che simboleggiano la putrefazione della carne mentre di fronte ci sono tre figure “vive” che si confrontano con gli scheletri, quasi che quest’ultimi volessero spiegare agli altri la loro condizione dopo la morte.