Arezzo è conosciuta nel mondo per ospitare, nella Basilica di San Francesco, una delle più alte espressioni della pittura italiana ed europea, come cita Vittorio Sgarbi, ovvero la Leggenda della Vera Croce, un affresco dipinto tra il 1452 e il 1466 da Piero della Francesca e considerato uno dei suoi capolavori. Ma la bella città toscana, grazie alla sue antiche origini, conserva anche meraviglie di epoca Romana. Simbolo indiscusso di quel periodo storico è l’Anfiteatro, che si può ammirare tramite gli accessi tra Via Crispi e Via Margaritone. Costruito nel I secolo d.C. con pietra arenaria, marmi e laterizi, si presenta con una forma ellittica a due ordini di gradinate e aveva una capienza di circa 8000 persone, anche se oggi ne restano solo pochi ruderi di cui si possono riconoscere la platea e gli ambulacri, quelle parti degli edifici pubblici romani dove si potevano compiere degli spostamenti, una sorta di corridoi coperti.
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L’Anfiteatro, nel corso dei secoli, è stato privato dei materiali più preziosi a causa dei vari saccheggi ed anche parzialmente interrato per lasciar posto alla costruzione di edifici di culto. Venne esplorato per la prima volta nel 1914 ma gli scavi furono interrotti con la guerra, per essere ripresi poi nel 1926. Ma è dal 1950 che, sottoposto a periodici restauri, è stato riportato completamente alla luce. Gli studiosi hanno potuto facilmente ricostruire le misure del monumento, che per dimensioni è di poco inferiore al Colosseo: misurava infatti 71, 9 metri per 42, 7 e la sua fascia muraria arrivava a 24,7 metri. Se le volte dei corridoi anulari sono in malta mista a coementa, ossia pietrame tufaceo o siliceo, nei rivestimenti murari vengono adottati anche quadrelli disposti in lunghi filari obliqui, file di tufelli rettangolari alternate a superfici laterizie.
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Su una parte dell’Anfiteatro venne costruito un convento degli Olivetani che oggi è diventato Museo Archeologico, dove sono raccolte diverse testimonianze provenienti dagli edifici pubblici, chiese o collezioni private che furono riunite in una collezione pubblica, aggiungendo in seguito i rinvenimenti degli scavi otto-novecenteschi che portarono alla luce, in particolare, vasi in terra sigillata aretina. Il museo è ordinato topograficamente al pian terreno con le sezioni etrusca e romana e al primo piano con le sezioni speciali e le collezioni. Di particolare importanza sono le raccolte appartenenti a personaggi noti d’Arezzo, come il Funghini e il Gamurrini, vivaci animatori della vita culturale cittadina dell’Ottocento.
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