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Galleria Borghese, Roma

A Roma la raccolta privata più bella del mondo

Alla Galleria Borghese, costruita e decorata per accoglierla, si conserva una straordinaria collezione d'arte nata dalla passione del celebre nipote di papa Paolo V

Galleria Borghese
PH: F. Vinardi
Galleria Borghese, facciata
Grazie alla sua varietà di opere e di stili pittorici la collezione della Galleria Borghese fu definita nel secolo scorso dal grande storico dell'arte Francis Haskell come una sorta di “meravigliosa confusione”. Infatti il celebre museo che ha sede nella Villa Borghese fuori porta pinciana, non rientra nella categoria dei musei didattici o generalisti ma è il frutto del collezionismo onnivoro del Cardinale Scipione Caffarelli Borghese. Considerata da sempre “Delizia di Roma” come il suo fondatore, la Galleria Borgese è stata fra i primi musei italiani a riaprire al pubblico dopo il lockdown. La Galleria ha infatti riorganizzato i servizi e gli spazi e attivato tutte le misure necessarie per migliorare la fruizione e rendere l’esperienza dei visitatori piacevole e sicura. Naturalmente l’uso della mascherina è d'obbligo come anche il numero complessivo delle persone per turno limitato a 80.
 
A  pochi metri da Trinità dei Monti la Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale
 
LA STORIA DELLA VILLA 
 
La Villa Borghese sorse all'inizio del XVII secolo intorno a un iniziale possedimento della famiglia Borghese. La sua costruzione avviata nel 1607 sotto la direzione di Flaminio Ponzio, fu portata a compimento da Jan Van Santen. Con l'affermarsi del Neoclassicismo, Marcantonio IV Borghese decise di sottoporre la villa ad un rinnovamento grazie all'architetto Antonio Asprucci che chiamò a se artisti come Mariano Rossi, Domenico Corvi, Tommaso Righi e Luigi Valadier, per la decorazione degli interni. Asprucci si occupò inoltre dell'allestimento espositivo che vide i maggiori capolavori di scultura antica al centro di ogni sala raccordando l'intero tema decorativo al nucleo iconografico del gruppo scultoreo. Ancora oggi, la decorazione interna rispecchia l'allestimento voluto da Asprucci, nonostante la rimozione delle sculture archeologiche dell'antica collezione conseguente alla vendita imposta nel 1807 da Napoleone a Camillo Borghese e le successive integrazioni ottocentesche.

Salone di Mariano Rossi - ©Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo
 
LA COLLEZIONE
 
La raccolta di Scipione Borghese è una delle più grandi dell'epoca. Fra i primi capolavori che entrarono nella collezione del potente Cardinale segnaliamo la celebre “Madonna dei Palafrenieri” di Caravaggio acquistata nel 1605 qualche anno prima del sequestro dei dipinti dello studio del Cavalier d'Arpino con il quale il nipote di Paolo V entrò in possesso di 100 quadri. Nella raccolta è presente anche “Amor Sacro e Amor Profano” di Tiziano e una collezione di sculture antiche come “l'Ermafrodito”. Per quanto riguarda invece la statuaria moderna ricordiamo che il giovane Gian Lorenzo Bernini eseguì per Scipione Borghese la “Capra Amaltea”, “l'Enea e Anchise”, il “Ratto di Proserpina”, il “David”, “l'Apollo e Dafne”. Alla fine del Seicento i Borghese potevano contare su una raccolta di circa 800 dipinti. Fra gli altri capolavori segnaliamo la “Venere Vincitrice” di Antonio Canova e la “Danae”di Correggio.

Sala IV Degli Imperatori - ©Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo
 
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IL RATTO DI PROSERPINA
 
Al centro della Sala Degli Imperatori trova spazio “Il Ratto di Proserpina” di Gian Lorenzo Bernini.
L’opera raffigura il rapimento di Proserpina per mano di Plutone, dio degli Inferi. Nel realizzare l'opera Bernini fece riferimento agli scultori di epoca manierista per quanto riguarda la ricerca della verità dell'azione. La libertà dell’invenzione è invece presente nell'intensità espressiva della fanciulla. Dopo la morte di Paolo V il gruppo di cui faceva parte “Il Ratto di Proserpina” venne donato da Scipione al suo successore Ludovico Ludovisi, cardinal nepote di Gregorio XV.

Gian Lorenzo Bernini, Ratto di Proserpina - ©Galleria Borghese
 
LA DEPOSIZIONE DEL CRISTO 
 
La “Deposizione del cristo” (Pala Baglioni) di Raffaello è in realtà il simbolo dell'estrema spregiudicatezza usata da Scipione Borghese nell'assicurarsi le opere d'arte. L’opera, utilizzata come pala d’altare nella chiesa di San Francesco, rimase nella città umbra per cento anni, finché una notte, con la complicità dei frati, fu prelevata di nascosto e inviata a Roma a papa Paolo V, che ne fece dono al nipote Scipione Borghese. Il ritrovo di numerosi studi preparatori dell'opera testimonia il lungo evolversi del progetto compositivo.


Raffaello Sanzio, Deposizione di Cristo - ©Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo
 
GALLERIA BORGHESE
Luogo: Roma, Piazzale Scipione Borghese 5
Sito: www.galleriaborghese.beniculturali.it
 
 
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