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Myanmar. Yangon, la capitale dÂ’oro

Yangon, capitale d'oro

Yangon, una volta si chiamava Rangoon, la capitale della Birmania. Dal finestrino del taxi vi sembra una cittadina immersa nel verde.

Myanmar
©Myanmar Tourism Promotion Board
Raggiungere il Myanmar per il viaggiatore occidentale non è difficile: il visto valido 28 giorni si può ottenere sia all’ambasciata di Roma che a Bangkok. Ottenerlo non presenta grosse difficoltà, se non dichiarate di essere giornalisti, o cineasti. Il carattere autoritario della “Giunta” governativa infatti non gradisce brutta pubblicità. Senza accorgervi avrete passato i controlli doganali, e mentre dalla pista sulla quale siete atterrati decolla un jet militare che sembra risalire alla seconda guerra mondiale, voi tenterete di restare attaccati ai vostri bagagli, presi in consegna da decine di ragazzi in cerca di una mancia per portarli al vostro taxi. Non avendo una singola moneta locale, se non i costosissimi FEC, deciderete di portarveli voi, aprendovi la strada a fatica e traballando in mezzo a questi uomini in gonna, o meglio longee indumento della gran parte della popolazione.

Yangon, una volta si chiamava Rangoon, la capitale. Dal finestrino del taxi vi sembra una cittadina immersa nel verde. In effetti i sobborghi alberati di capanne di legno nascondono i quattro milioni di persone che ci vivono, o sopravvivono. Avvicinandovi al centro noterete alcuni resti dell’architettura coloniale e muraglioni sorvegliati che nascondono chissà cosa. La moltitudine di veicoli diversi che si apre la strada a colpi di clacson danno l’impressione di un apparente scorrevolezza, in realtà più simile all’amalgamarsi dei fluidi che non a quella di mezzi “solidi”.

Per strada la popolazione si dimostra cordiale, e noterete con un po’ d’imbarazzo l’attenzione che vi è riservata. Qui ancora non si vedono molti occidentali. Non troverete molta gente che vi ferma cercando di vendervi di tutto. Potrà capitarvi di incontrare qualcuno che si presenta come guida: a volte corrisponde a verità, altre potrebbe trattarsi di una spia governativa. Sarà il vostro istinto a guidarvi nelle vostre scelte, e la prudenza nel non invischiarvi in discorsi politici vi aiuterà ad evitare situazioni spiacevoli.

Nel centro città è Shwedagon Paya, una delle più importanti pagode buddiste. L’area di questo complesso è enorme: all’ interno si trovano decine di tempietti ed altari dedicati a diverse statue di Budda, ma anche ai Nat, le divinità anteriori al buddismo di tipo animistico del Myanmar.  La pagoda è attivissima a tutte le ore, ma in particolar modo all’alba ed al tramonto. I fedeli vengono a pregare e benedire le immagini associate con il loro giorno di nascita. Portano offerte di fiori e incenso ad uno dei centinaia di altari che circondano l’enorme Pagoda.

Si racconta che nel VI secolo a.C. due fratelli portarono dall’India otto dei capelli del Budda e la Pagoda venne innalzata per custodirli. Si tratta di una struttura di novant’otto metri, ricoperta da quattordici tonnellate di oro, con in cima un diamante grande come un cuore. Cercate di non perdervi l’ora mattutina, è in quel momento che più coglierete l’ essenza di questo posto. Shwedagon non è solamente un luogo sacro: qui la gente si incontra, medita, o semplicemente trascorre alcune ore nel posto che più che mai sente “proprio”. Il marmo, l’oro, le luci e gli specchi sono patrimonio collettivo, e forse aiutano ad accettare le privazioni e sofferenze che esistono fuori.

Aggirandosi per la città in una qualsiasi ora del giorno al turista più attento non sfuggirà la particolarità dei grossi mercati come il Bogyoke Market con le loro stoffe e manufatti di ogni genere.  Nelle vie del centro affollate di negozi ed officine troverà artigiani, sarti, calzolai o riparatori di televisori ed apparecchiature elettriche. Sui marciapiedi donne con piccoli banchi di legno vendono sigari e sigarette. Uno stoppino di corda serve da accendino per il passante distratto e molti comprano quel misto di foglie e pastiglie che masticano come fosse tabacco. Ogni bottega ha il suo piccolo generatore di corrente sistemato all’ingresso, e durante uno dei molti black-out quotidiani l’improvviso seppur fastidioso aumento di fumi e rumore rende l’atmosfera del tutto particolare.

Sulle strade sfrecciano (si fa per dire...) pick-up stracolmi di gente aggrappata dentro e fuori: fanno parte del complesso sistema di trasporti pubblici locali, sostituiscono i nostri autobus con un comfort forse appena inferiore. La sera, nella fioca luce elettrica che illumina alcune delle strade principali la città assume ancora un altro colore. Dopo la lunga giornata potrete godervi un pasto in uno dei molti ristoranti locali. I piatti a base di pollo e verdure, riso fritto o bollito, e zuppe con pezzi di carne sono tutti ottimi e gustosi, ma un consiglio: chiedete al cuoco di non farli troppo piccanti. La loro dose minima è in genere ben più alta di quella che noi “avventurieri” riusciamo a tollerare!
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