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Pentedattilo. Calabria

Una gigantesca mano contro il cielo

"La visione è così magica che compensa di ogni fatica sopportata per raggiungerla: selvagge e aride guglie di pietra lanciate nell'aria, nettamente delineate in forma di una gigantesca mano contro il cielo... mentre l'oscurità e il terrore gravano su tutto l'abisso circostante". Questa è Pentedattilo.

Calabria
courtesy of ©Giuseppe Messina
Uno dei tanti viaggiatori stranieri rimasti folgorati dai paesaggi dell'Aspromonte calabrese fu l'inglese Edward Lear che nel 1847 descrisse con commozione la sua visita a Pentedattilo. Nessuna esagerazione nelle sue parole, bensì l'autentico stupore di fronte ad una specie di miracolo architettonico, una "spaventosa selvaggia piramide" dove "sono incuneate le case del villaggio, la più strana delle dimore dell'umanità". Pentedattilo, frazione di Melito Porto Salvo, è effettivamente così, una località dalle caratteristiche singolari, una delle più suggestive della Calabria dal punto di vista scenografico, paesaggistico e architettonico. L'abitato è come aggrappato al declivio di una ciclopica pietra arenaria rossastra, peculiarità che in epoca bizantina suggerì il nome Pentedattilo, "cinque dita", perché somigliante a una mano rivolta verso il cielo. Il resto della scena è formato da un disordine organizzato di case di pietra povere, diroccate, evidentemente disabitate, su brevi terrapieni a gradoni legati da scalette in un labirinto di stradine e tetti bruciati dal sole e dal tempo. Un "paese fantasma" dal fascino surreale di cui si può soltanto scongiurare il decadimento dovuto in parte all'abbandono (i suoi abitanti si sono trasferiti nei più recenti quartieri sorti più in basso), in parte al naturale incombere della roccia, che si fa porosa come pietra pomice e lentamente si sgretola. Quel che resta del castello feudale degli Alberti e del convento dei Domenicani di origine medievale si trova alla base della rupe, chiamata anche Calvario. Questa si eleva per 150 metri sul colle. Accanto al convento è la chiesa parrocchiale, detta "della Candelora" per la statua marmorea sull'altare, la Madonna della Candelora con in braccio il Bambino, opera di Gian Domenico Mazzolo (1564).
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