Montreal è la città dalle
molte facce. C’è la Vieux Montreal, che ricorda le piccole cittadine francesi,
con il quartiere antico giusto a ridosso del porto. E c’è la zona moderna, con
alti e scintillanti palazzi. Strade larghe, centri commerciali, edifici ad
ampie vetrate, uffici e sedi amministrative: una qualunque delle città del Nord
America, se non fosse per il predominante accento francese. Esiste poi una
Montreal più solare, che si riversa per le vie godendo il sole tiepido d’estate
e la città d’inverno: sotterranea, illuminata dalla luce artificiale.
Chilometri e chilometri nel sottosuolo, da un capo all’altro della metropoli,
senza mai riemergere in superficie: un labirintico universo parallelo che si
snoda su camminamenti pedonali, stazioni della metropolitana, centri
commerciali, hotel. E poi una Montreal bilingue, francese (soprattutto) e inglese. Ma anche
"franglais", un idioma che mixa in modo bizzarro termini inglesi ed espressioni
francesi. E poi italiana, spagnola, cinese.
Montreal sorge su un’isola, alla confluenza del fiume Ottawa con il San
Lorenzo. Tutto attorno altre piccole isolette, ora diventati la valvola di
sfogo della città, dove si va a riposare, a rilassarsi, a pedalare. Ma non
mancano i visitatori chiassosi: sciamano per la città nella speranza di
respirare, a pochi passi da casa, l’atmosfera della “vie en rose”. Gli
immancabili negozi di souvenir si alternano con tabaccherie che offrono ai
molti turisti americani in crisi d’astinenza, profumati e costosi sigari
cubani.
Nella Place Jacques Cartier, cuore della città vecchia, si affacciano
costruzioni in pietra, bistrò francesi con veranda e giardino. Allontanandosi
di pochi metri dalle strade più battute si incontrano gallerie d’arte moderna,
che espongono anche belle opere Inuit: caribou stilizzati si muovono in ampi
gruppi, volatili che migrano, i colori della tundra. Poi i profumi noti,
basilico, pomodori, erba cipollina, pervadono l’aria guidando il viaggiatore
verso piccoli ristorantini con porte dai colori accesi e finestre fiorite.
Cucina francese, provenzale, ottimi vini: si mangia bene e a prezzi ragionevoli.
I vini però sono carissimi, perché tutti d’importazione.
Lontano dal centro l’Olympic Stadium, il palazzetto degli scandali con il tetto
apribile, costato migliaia di dollari ed ora inusabile, è ancora oggi oggetto
di discussione. Un ricordo della Montreal 1976, quando la città fu sede dei
giochi olimpici. Nella zona si trova anche il Biodome, l’ex velodromo olimpico, ora diventato un
museo ambientale. All’interno sono ricostruiti quattro diversi ecosistemi,
dalla foresta tropicale alla tundra. La fila per entrare è lunga, soprattutto
nel fine settimana. Ma l’attesa rappresenta il modo migliore per osservare uno
spaccato di vita cittadina: anziani che conversano in francese, famiglie
numerose di chiara origine orientale, bellissimi bambini di colore dagli occhi
allegri, turisti armati di videocamere. Una volta dentro, fra le urla dei
bambini, e i versi degli uccelli si vedono castori, lontre, pinguini, linci e
spaventati, inermi porcospini.
Lunghe code anche per assistere alle partite dei beniamini locali, la squadra
di hockey dei Canadiens.
L’hockey è una vera mania collettiva canadese, una
religione. La stagione inizia ad ottobre e finisce a maggio. In palio c’è la
Stanley Cup, che il governatore inglese dell’Ontario mise in palio per la prima
volta venti anni fa. I Montreal Canadiens (gli Habs, per i tifosi), che ora
giocano nel Molson Centre, sono così seguiti che si dice che il tasso di
criminalità in città si riduca durante lo svolgimento delle partite. Eh sì,
anche i ladri sono sportivi! Ma aggiudicarsi un biglietto per la partita non è
assolutamente facile. Le vie attorno a Place Saint Louis, un piccolo parco
alberato e circondato da casette vittoriane, sono diventate zona pedonale:
locali, pub e ristoranti, soprattutto greci e vietnamiti. Immancabili i
tavolini all’aperto dove gli avventori mangiano, incuranti della pioggia
sottile ma insistente che inizia a bagnare il selciato.
Poco più a Nord, sul Boulevard Saint Lurent, c’è Schwartz’s, una gastronomia
diventata un’istituzione per Montreal. Qualche tavolino, camerieri sbrigativi e
veloci: Schwartz’s offre la carne affumicata più famosa della città, preparata
giornalmente (è calda, profumata di spezie e saporita), ma anche spiedini e
bistecche, patatine fritte e cetrioli sottaceto. La tentazione di assaggiare sarà fortissima, soprattutto per chi ha letto La
versione di Barney del canadese Mordecai Richeler. Il protagonista del libro
vuole una porzione di carne affumicata di Schwartz’s sulla sua tomba, assieme
ad una bottiglia di Crowne Royal (il whisky di canadese).