Lasciandovi alle
spalle la capitale e dirigendovi verso oriente è il momento di fare la
conoscenza delle strade birmane, un asfalto precario su una larghezza ridotta
costituisce una delle più importanti vie di comunicazione del paese. L’asfalto
è preparato in grossi bidoni, sistemati su di un fuoco di fortuna per renderlo
morbido e distenderlo. Sulla strada incontrerete ogni mezzo di locomozione, vi
saranno biciclette, carri trainati da buoi, camion stracolmi di merci e
persone, mini trattori con a bordo almeno venti persone. Il tutto sotto un sole
cocente. La strada si estende per centinaia di chilometri, attraverso piane
secche e polverose.
Le case sulle palafitte testimoniano le alluvioni annuali durante la stagione
delle piogge ma adesso sono poche le piroghe di legno che percorrono il fiume
quasi prosciugato. Spesso s’incontrano gruppi di ragazzini giocare in quelle
acque fangose a fianco di donne che lavano i panni. Passerete attraverso
villaggi dove il principale mezzo pubblico è il risciò. Le auto private sono quasi
inesistenti al di fuori delle grandi città. Giovani con grossi bidoni sistemati
su vecchie ruote d’auto trasportano l’acqua attinta nell’unico pozzo
collettivo. Le fermate di ristoro sono affollate da viaggiatori, merci e
animali. L’odore acre del fumo si mescola a quello dei cibi cotti sul fuoco,
delle spezie e della polvere nell’aria. Poco oltre in un’officina di
riparazione pneumatici riparano l’ennesimo foro in un copertone che pare una
levigata ciambella.
La vostra meta è la montagna sacra, Kyaik-Hti-Yo: ci vogliono circa
quattro ore di auto dalla capitale. Un camion merci attrezzato con assi sulle
quali sedersi è il trasporto per i pellegrini dalla base del monte fin sotto la
cima. La distanza tra un asse e l’altro è talmente stretta che ha fatica riuscirete
ad infilarci un piede, ma l’ebbrezza della corsa, e lo stupore dei vostri nuovi
compagni di viaggio valgono bene la scomodità di quel sedile di fortuna. Il
camion-trasporto si ferma ad un tre quarti d’ora dalla sommità: qui svetta il
Balancing Boulder, un masso di dieci metri di diametro in bilico sull’orlo del
precipizio, adorato dai pellegrini e interamente ricoperto di oro. I fedeli
pregano, applicano piccoli fogli d’oro sulla pietra, lasciano le loro preghiere
scritte su foglietti arrotolati intorno a sottili rami di bambù ed incastrati
sotto la roccia. Ad ogni piccolo movimento del masso questi bastoncini flettono
e si muovono. Le donne rimangono in preghiera poco lontane, mentre alcuni
uomini portano le loro offerte sulla Roccia Dorata.
La cima della montagna possiede diverse aree dedicate alla preghiera e alla
riflessione. La gente arriva qui anche da molto lontano, alcuni fanno viaggi di
giorni per venire ad adorare questo importantissimo sito Buddista. E molti
trascorrono anche tutta la notte all’aperto, seppure esistano ostelli nel
piccolo paesino sottostante all’area sacra. L’intero arco della giornata vede
pellegrini che arrivano in una processione quasi continua. Di particolare
spettacolarità sono sia il tramonto che l’alba, quest’ultima con una cerimonia
mattutina che accoglie il sole ed il nuovo giorno sullo scenario stupendo della
Golden Rock. Dopo lo spuntare del sole dal lato nord della montagna noterete
uno splendido panorama di basse nubi sul fondo delle valli sottostanti. L’aria
fresca del mattino e l’atmosfera sacra che si respira in questo luogo saranno
una sensazione che difficilmente dimenticherete nella vita.
Scendendo verso la pianura sottostante è impossibile non notare il gran numero
di piccole pagode sparse lungo i fianchi di queste montagne. Guardandovi
intorno cercherete la direzione della vostra prossima meta, verso nord. Per
qualche centinaio di chilometri vi aspettano paesi di legno, risaie in attesa
delle prossime piogge e persone dal sorriso sincero.