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Myanmar. La montagna sacra

La montagna sacra

Per raggiungere la montagna sacra, Kyaik-Hti-Yo, ci vogliono circa quattro ore di auto dalla capitale.

Birmania
©NEXTA.com
Lasciandovi alle spalle la capitale e dirigendovi verso oriente è il momento di fare la conoscenza delle strade birmane, un asfalto precario su una larghezza ridotta costituisce una delle più importanti vie di comunicazione del paese. L’asfalto è preparato in grossi bidoni, sistemati su di un fuoco di fortuna per renderlo morbido e distenderlo. Sulla strada incontrerete ogni mezzo di locomozione, vi saranno biciclette, carri trainati da buoi, camion stracolmi di merci e persone, mini trattori con a bordo almeno venti persone. Il tutto sotto un sole cocente. La strada si estende per centinaia di chilometri, attraverso piane secche e polverose.

Le case sulle palafitte testimoniano le alluvioni annuali durante la stagione delle piogge ma adesso sono poche le piroghe di legno che percorrono il fiume quasi prosciugato. Spesso s’incontrano gruppi di ragazzini giocare in quelle acque fangose a fianco di donne che lavano i panni. Passerete attraverso villaggi dove il principale mezzo pubblico è il risciò. Le auto private sono quasi inesistenti al di fuori delle grandi città. Giovani con grossi bidoni sistemati su vecchie ruote d’auto trasportano l’acqua attinta nell’unico pozzo collettivo. Le fermate di ristoro sono affollate da viaggiatori, merci e animali. L’odore acre del fumo si mescola a quello dei cibi cotti sul fuoco, delle spezie e della polvere nell’aria. Poco oltre in un’officina di riparazione pneumatici riparano l’ennesimo foro in un copertone che pare una levigata ciambella.

La vostra meta è la montagna sacra, Kyaik-Hti-Yo: ci vogliono circa quattro ore di auto dalla capitale. Un camion merci attrezzato con assi sulle quali sedersi è il trasporto per i pellegrini dalla base del monte fin sotto la cima. La distanza tra un asse e l’altro è talmente stretta che ha fatica riuscirete ad infilarci un piede, ma l’ebbrezza della corsa, e lo stupore dei vostri nuovi compagni di viaggio valgono bene la scomodità di quel sedile di fortuna. Il camion-trasporto si ferma ad un tre quarti d’ora dalla sommità: qui svetta il Balancing Boulder, un masso di dieci metri di diametro in bilico sull’orlo del precipizio, adorato dai pellegrini e interamente ricoperto di oro. I fedeli pregano, applicano piccoli fogli d’oro sulla pietra, lasciano le loro preghiere scritte su foglietti arrotolati intorno a sottili rami di bambù ed incastrati sotto la roccia. Ad ogni piccolo movimento del masso questi bastoncini flettono e si muovono. Le donne rimangono in preghiera poco lontane, mentre alcuni uomini portano le loro offerte sulla Roccia Dorata.

La cima della montagna possiede diverse aree dedicate alla preghiera e alla riflessione. La gente arriva qui anche da molto lontano, alcuni fanno viaggi di giorni per venire ad adorare questo importantissimo sito Buddista. E molti trascorrono anche tutta la notte all’aperto, seppure esistano ostelli nel piccolo paesino sottostante all’area sacra. L’intero arco della giornata vede pellegrini che arrivano in una processione quasi continua. Di particolare spettacolarità sono sia il tramonto che l’alba, quest’ultima con una cerimonia mattutina che accoglie il sole ed il nuovo giorno sullo scenario stupendo della Golden Rock. Dopo lo spuntare del sole dal lato nord della montagna noterete uno splendido panorama di basse nubi sul fondo delle valli sottostanti. L’aria fresca del mattino e l’atmosfera sacra che si respira in questo luogo saranno una sensazione che difficilmente dimenticherete nella vita.

Scendendo verso la pianura sottostante è impossibile non notare il gran numero di piccole pagode sparse lungo i fianchi di queste montagne. Guardandovi intorno cercherete la direzione della vostra prossima meta, verso nord. Per qualche centinaio di chilometri vi aspettano paesi di legno, risaie in attesa delle prossime piogge e persone dal sorriso sincero.
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