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Ferrara

Ferrara: gioiello ai margini della citta' globale

E' il caso di tante città italiane, soprattutto del nord, caratterizzate da un passato glorioso e "ridotte" oggi al ruolo di centri periferici di un sistema planetario che prevede solo metropoli

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Una storia complessa, gloriosa e triste. Lo straordinario successo internazionale delle opere di Ludovico Ariosto e Torquato Tasso, la vicinanza ad altre importanti città d'arte (Bologna, Modena, Padova e Mantova, soprattutto), facevano di Ferrara una delle principali mete del "pellegrinaggio" in Italia dei colti viaggiatori settecenteschi. Goethe vi arrivava il 16 ottobre del 1786, sorpreso "da non so che uggia", pronto a ripartire l'indomani mattina. Trovava la città bella ma "tutta in piano e spopolata" e non poteva non riandare con la memoria ai tempi passati, quando Ariosto e Tasso vi erano vissuti infelici. Lo stato di decadenza e di abbandono lo colpiva, la ciarlataneria delle guide turistiche e dei custodi locali lo rendeva "di pessimo umore". Ferrara faceva parte a quel tempo dello stato pontificio e versava in condizioni tutt'altro che prospere. Quando si passeggia oggi per le vie del centro, fin troppo ordinate e silenziose, coperte spesso da un cielo grigio e carico di vapori, un sentimento misto di nostalgia e insofferenza, simile a quello che assaliva Goethe, stringe il cuore. E' il caso di tante città italiane, soprattutto del nord, caratterizzate da un passato glorioso e "ridotte" oggi al ruolo di centri periferici di un sistema planetario che prevede solo metropoli ad alto potenziale esplosivo. Ferrara assunse l'aspetto urbanistico attuale a cominciare dalla metà del Duecento quando, da distesa pianeggiante ai margini del Po, caratterizzata da un reticolato di canali attraversati da ponti e barche, si trasformò in moderna città "di terra". Ciò che ha mutato il suo volto è stata l'applicazione del metodo delle "addizioni", ovvero di progressivi, consistenti ampliamenti di superficie realizzati programmando ex novo l'urbanizzazione di ampi spazi di territorio. L'ultima di queste, la cosiddetta "Addizione Erculea", voluta nel 1492 dal duca Ercole I d'Este, raddoppiò d'un colpo le dimensioni della città e ne modificò completamente l'aspetto. Grazie al ritmo vertiginoso con il quale procedettero i lavori, nel breve volgere di una decina d'anni Ferrara raggiunse la grandezza e il volto di una grande capitale europea. L'Umanesimo e il Rinascimento vi trovarono ospitalità e si sedimentarono nei costumi del popolo. Proprio in quel momento, tuttavia, ebbe inizio, paradossalmente, il tramonto della signoria estense, che si concluse nel 1598, quando Cesare d'Este, l'ultimo duca, fu costretto ad abbandonare la città che passò sotto il governo dello Stato Pontificio. Fino alla fine del Settecento, quando cominciò a respirarsi il fresco vento del rinnovamento giacobino, la città fu preda delle razzie dei cardinali legati. Non tutto però è andato perso o distrutto, anzi. Le testimonianze dell'aspetto medievale e rinascimentale della città sopravvivono: Schifanoia, che con il suo ciclo di affreschi costituisce ancor oggi uno degli esiti più alti della cultura figurativa rinascimentale; la Cattedrale, che, per quanto modificata nel corso dei secoli, conserva intatto il suo fascino; la chiesa di Sant'Antonio in Polesine, con i suoi affascinanti affreschi trecenteschi; il Castello Estense, straordinario esempio di architettura militare adibita ad uso cortese. Molte splendide residenze rinascimentali ospitano oggi musei e sono così aperte al pubblico: Palazzo Costabili, detto di Ludovico il Moro, sede del Museo Archeologico Nazionale; quello Romei, dove hanno trovato rifugio e accoglienza sculture e dipinti di varia provenienza; la Palazzina di Marfisa d'Este, il sontuoso Palazzo dei Diamanti, sede della Pinacoteca Nazionale e di importanti eventi espositivi. Ferrara, somma inimitabile dell'intrico irregolare dei vicoli medievali e degli spazi ariosi e geometrici dell'Addizione Erculea, regno dei silenzi e dei vuoti enigmatici, ha contribuito non a caso ad ispirare la nascita della pittura metafisica di Giorgio De Chirico, Carlo Carrà e del giovane Filippo de Pisis
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