Qualcuno l’ha definita la Koh Samui del Mar Rosso. Sarà per la sua atmosfera rilassata che invita al dolce far niente, per i suoi bar lungo il mare dove fumare un narghilé e godersi la vista sull’Arabia Saudita, Dahab è la meta preferita dai nostalgici degli anni ’60 e dai moderni figli dei fiori.
Questo villaggio a metà strada tra Sharm el Sheikh e Nuweiba, allungato ai piedi del biblico Monte Sinai, era in origine l’insediamento della tribù dei Muzaina e ha preservato la sua anima tradizionale, in un mix di ambiente hippy con forti influenze di cultura beduina.
Località prediletta dai subacquei e surfisti, è un ottimo punto di partenza per la scoperta dell’entroterra. Basta rivolgersi a una delle tante guide beduine locali che conoscono a menadito il deserto e partire per escursioni in giornata o di più giorni verso il Monastero di S. Caterina o i canyon, fino alle località di Abu Galum e Gabr El Bint, che si possono raggiungere solo a dorso di un cammello, a piedi o in barca.
Ma se il vostro sport preferito è l’ozio, rimanete a Dahab. Un tempo tutta la passeggiata sul mare era un susseguirsi di bar con enormi cuscini disposti sulla spiaggia e tavolini bassi dove sorseggiare un tè alla menta, leggere un bel libro o mangiare dell’ottimo pesce appena pescato, ammirando la costa dell’Arabia Saudita.
Oggi la spiaggia è stata in parte ripulita e bisogna spingersi oltre l’Hotel Nesima, uno dei pochi della zona (dove invece non c’è difficoltà a trovare sistemazioni economiche e campeggi) per ritrovare quell’atmosfera semplice e rilassata.
Il cuore pulsante della vita di Dahab è la passeggiata di Assalah che costeggia tutta la baia. Qui si susseguono ristoranti in stile beduino, negozietti e centri sub, mentre direttamente sulla spiaggia palme, tappeti e cuscini creano un ambiente molto chill-out.
La sera la costa si anima: gruppetti di persone si ritrovano a cantare intorno a un fuoco accompagnati da una chitarra negli improvvisati full moon parties che si organizzano sulla spiaggia, mentre i bar diffondono i revival degli anni ’60 e ’70, si balla e si chiacchiera fumando un narghilé.
Da non perdere lo shopping nei nick-nak,i negozi di artigianato africano che vendono oggetti strani e particolari come i pendenti ricavati da aghi di ricci marini, e le tante botteghe dove comprare i coloratissimi tappeti beduini, i portachiavi e le lampade colorate in vetro.