Al di là degli imponenti spettacoli naturali che
offrono sia flora che fauna, quello che affascina del Botswana sono anche le
tradizioni e la cultura delle popolazioni locali. Diverse ondate migratorie
sono avvenute nel corsi dei secoli e a testimonianza di questo nel paese
permangono almeno una ventina di lingue parlate.
Tra i gruppi etnici più
importanti spicca quello dei Tswana, che parlano un idioma chiamato setswana.
Secoli fa il territorio era popolato dai noti Boscimani o San, i cacciatori che
costituivano la più antica etnia del Sudafrica: al giorno d’oggi sono pochi i
rappresentanti rimasti, ospitati nelle riserve come quella del Kalahari
centrale.
Tra le credenze dalle radici primordiali ed alcuni riti affascinanti
permane la Danza della Pioggia, dove ad accompagnare le cadenze ritmiche ci
sono strumenti tipici a percussione, e riti di iniziazione maschili e
femminili. Importante nella vita di ogni uomo è il culto degli antenati: è
attraverso le loro residenze ultraterrene che aiutano i discendenti a risolvere
i problemi, entrando in contatto solo con i capifamiglia.
Il folclore
dell'etnia San è ricco di interpretazioni soprannaturali per i fenomeni della
natura, orchestrati da Nodima, il bravo ragazzo, e Gcawama, malizioso e
imbroglione. C’è da dire, però, che con l’arrivo dei missionari molti dei riti
tradizionali sono stati aboliti e oggi il cristianesimo è la religione
prevalente in Botswana.
Anche l’arte faceva la sua bella figura nella
quotidianità delle popolazioni indigene: gli artigiani proiettavano la propria
personale concezione estetica negli strumenti di uso quotidiano come ceramiche,
tessuti e utensili vari. Oggi si producono
deliziosi cesti che utilizzano disegni dai nomi evocativi come “lacrime
di giraffa”, e “fronte della zebra”.
Secondo la tradizione, nell'antichità gli
uomini badavano al gregge e si cibavano essenzialmente di carne e latte, mentre
le donne erano libere di girovagare a piacimento e vivevano dei frutti e delle
verdure che crescevano spontaneamente. Oggi la popolazione che vive nelle zone
più remote del paese integra la propria dieta con il morama, un enorme tubero
sotterraneo, e con un fungo commestibile noto come il “tartufo del Kalahari”.