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A Napoli persino Leopardi ritrovò salute e serenità

A Napoli anche Leopardi ritrovò salute e serenità

Otto dei 36 siti Unesco italiani si trovano in Campania, da sempre meta di poeti e scrittori.

Da Avellino a Salerno, da Caserta a Pompei, passando a più riprese per Napoli, ogni città campana ha il suo programma di eventi culturali per l'estate. Ce n'è per tutti i gusti: musica classica, teatro greco, tango, festival cinematografici, rassegne di jazz, mostre ed eventi legati ai libri. L'offerta culturale estiva è legata al turismo, naturalmente. Ma non solo: la Campania, e in particolare Napoli, è da centinaia di anni crocevia di esperienze culturali diverse e ricchissime e meta di poeti e scrittori. A partire da Virgilio: il Castel dell'Ovo, uno dei più famosi e belli della città, è così chiamato perché secondo la leggenda l'autore dell'Eneide nascose nelle sue segrete un uovo che reggeva tutta la struttura del l'edificio. Nel momento in cui fosse stato rotto avrebbe fatto crollare il castello e portato catastrofi alla città.

A partire dalla fine del Settecento ogni uomo di cultura europeo che si rispettasse doveva aver compiuto almeno un viaggio - il cosiddetto Grand Tour - in Italia, considerato il Paese più ricco di testimonianze del passato classico (greco e romano), di paesaggi bucolici e sempre vivacizzato da feste, spettacoli teatrali e musicali. Napoli e la Campania erano tappe fondamentali: nel 1738 e 1748 gli archeologi avevano riportato alla luce Ercolano e Pompei, veri e propri musei all'aria aperta che attrassero studiosi e curiosi da tutto il mondo. E nel 1756 Johann Joachim Winckelmann, archeologo e storico dell'arte tedesco, descrisse all'Europa intera le nuove scoperte, invogliando altri viaggiatori a far rotta verso il sud della penisola. Come Goethe, che arrivò a Napoli nel 1787, e Stendhal, che visitò la città per la prima volta nel 1810, dove conobbe, tra gli altri, Gioacchino Rossini.

Il caso più memorabile è però quello di Giacomo Leopardi, portato a Napoli dall'amico Antonio Ranieri nel 1833: aveva 35 anni ma era malato, depresso e disilluso sugli italiani e probabilmente sull'umanità intera. La città fece il miracolo, come scrive Sebastiano Vassalli nel bellissimo saggio Amore lontano (Einaudi), dedicato alle vite degli artisti della parola a lui più cari: Leopardi, il poeta della "Natura matrigna", si affeziona alla vita e riscopre persino il piacere della buona tavola, senza cambiare molto delle sue convinzioni e della sua filosofia. E nel 1836, un anno prima di morire, compone "La ginestra o il fiore del deserto", che costituisce il testamento morale del poeta e resta uno dei suoi canti più belli, sul quale domina il Vesuvio.

Ma il patrimonio culturale della Campania va ben oltre le testimonianze lasciate degli scrittori: su 36 luoghi italiani dichiarati dal l'Unesco "patrimonio dell'umanità", otto si trovano nella regione: il centro storico di Napoli, la Reggia di Caserta e il Parco, l'acquedotto di Vanvitelli, il complesso di San Leucio, le aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata, la costiera Amalfitana e il parco Nazionale del Cilento. La Campania è inoltre tra le regioni più sensibili alla promozione della lettura e dal 1995 partecipa con uno stand ai più importanti saloni editoriali, italiani e internazionali. Anche se il sogno di Antonio Bassolino, sindaco di Napoli dal 1993 al 2000, ora presidente della regione, è un altro: «Stiamo valutando di dare vita a una fiera-mercato del libro dedicata agli editori dei Paesi arabi e del Nord Africa, affidando a Napoli la funzione di aggregatore culturale, quella che Francoforte, con la sua fiera internazionale (che si tiene in ottobre ed è la più importante al mondo, ndr) svolge per il Nord Europa».

La capitale culturale ed "estetica" della Campania resta comunque il suo capoluogo. "Vedi Napoli e poi muori", recita un antico proverbio di epoca borbonica. Oppure, come molto più recentemente ha scritto Giorgio Bocca nel suo saggio Napoli siamo noi (Feltrinelli): «Napoli adagiata sul golfo è stupenda, ci si chiede se anche questa bellezza non faccia parte della maledizione della città, non faccia parte del prezzo spaventoso che paga per esistere».

Alcuni dei più importanti scrittori italiani contemporanei sono napoletani: Erri De Luca, Diego De Silva, Giuseppe Montesano, Michele Prisco, Domenico Rea, Domenico Scarpa, Peppe Lanzetta e moltissimi altri, tra i quali anche Fabrizia Ramondino, la quale però nel 1999 scrisse uno spassoso «Manifesto contro la definizione di "scrittori napoletani"»...

All'elenco si aggiungono quelli di un passato più o meno recente e sui quali spicca Anna Maria Ortese. Anche la tradizione lirica a Napoli è radicatissima: il Teatro San Carlo, inaugurato il 4 novembre del 1737, è il più antico teatro d'opera attivo oggi in Europa. Per dimensioni e concezione ha rappresentato il prototipo dei teatri lirici costruiti successivamente e per la città fu la più che degna cornice della grande scuola musicale napoletana (il tenore Enrico Caruso nacque nella vicina Sorrento) e tra i direttori artistici del teatro ci furono Gioacchino Rossini e Gaetano Donizetti.

Articolo tratto da Il Sole 24 ore del 03-07-2006
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