A qualcuno forse sta prendendo una vena di tristezza perché, nella tradizione, il Carnevale è terminato con il martedì grasso, la giornata che precede il Mercoledì delle Ceneri. Ma non ovunque è cosi: lo sanno bene i milanesi, che, al contrario, sono proprio nel vivo del Carnevale Ambrosiano con il clou dei festeggiamenti che è previsto per sabato, ma anche gli abitanti di Grosio, piccolo comune italiano in provincia di Sondrio.
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In questo antico borgo di montagna a due passi dalle rinomate stazioni sciistiche della Valtellina la vita scorre tranquilla e si respira tutta l’aria inebriante delle Alpi. Ricco di storia e di tradizioni, Grosio è noto per le sue Maschere Vecchie, ovvero il Carnevale che va controcorrente. Da tempo immemorabile, infatti, nella prima domenica di Quaresima, quando anche i festeggiamenti del Carnevale Ambrosiano sono terminati, le vie del paese si riempiono di colori grazie alla sfilata dei carri e delle maschere. In Valtellina si dice che sia un modo escogitato dagli abitanti di Grosio per concedersi un’ultima domenica di divertimento e di grandi mangiate prima del digiuno quaresimale. Il Carneval Vecc è caratterizzato dalle antichissime Maschere Vecchie che guidano la sfilata, vere protagoniste sin dai tempi in cui non esisteva ancora la gara dei carri. Si tratta di personaggi che conservano la vocazione goliardica e contadina della valle, e tra tutti spicca la coppia della Magra Quaresima e del Carneval Vecc, ovvero una vecchietta magra vestita in modo umile che porta al braccio un cesto vuoto, accompagnata da un signore con la barba, bello panciuto e ridanciano in tenuta montanara, a simboleggiare il passaggio dalle baldorie carnevalesche ai sacrifici della Quaresima.
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L’altra coppia degna di nota è quella formata dall’Orso e dal suo accompagnatore, rievocazione della figura del domatore d’orsi che animava le fiere nei tempi antichi. Sfilano poi la Bernarda, una vecchietta che procede china sotto il peso di una gerla in cui trasporta un neonato; il poppante, che alterna pianti infantili a poppate da un improbabile biberon contenente vino rosso, e il Toni, un burlone somigliante ad un Arlecchino povero che rallegra i bambini stretto nel suo abito di pezza. I carri, fiabeschi o satirici, che spesso sono ispirati a vicende che sono successe in paese, seguono il corteo delle Maschere Vecchie. A chiudere l’ultima giornata di festeggiamenti il Rogo della Vegia, che molti ricollegano agli antichi fuochi di Carnevale in cui veniva appiccato il fuoco con i rovi che venivano tolti dai sentieri di campagna per renderli transitabili dai mezzi agricoli e poter dare inizio alla primavera.
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